Francesco Puccio: L’isola della solitudine

Mia madre mi insegnò come attraversare il mare senza timore. Ricordo,da ragazzino, un’ estate e un bagno di fine stagione. Gli amici erano già corsi via, tornati nelle loro case in paese, ed io non trovai nessuno ad aspettarmi sulla spiaggia. Ci rimasi male all’inizio, ma poi quella sensazione di solitudine mi piacque.

Mi svestii e mi tuffai. Il corpo si lasciò andare e cominciai a nuotare verso l’orizzonte, senza una meta né un tempo di arrivo. Non mi importava dove sarei finito né quando sarei tornato. Poi mi girai e, stando a galla sulla schiena, mi si stagliò la vegetazione colorata che ricopriva la roccia dell’isola, i ciuffi di macchia, che dalle fessure si proiettvano a picco sul mare.

Nuotai senza chiudere gli occhi, come i pesci. Volevo essere uno di loro.

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Avvolti nelle nostre reciproche solitudini, temevamo di scoprire un mondo diverso da quello che avevamo lasciato, in un’altra stagione, in un tempo che ci sembrava ormai lontano, benché bastasse voltarsi indietro e riconoscerlo senza fatica. Non fummo in grado, per un certo tempo, di parlare a quella parte di noi che avevamo in comune, come se si fosse inabissata in un fondo al quale sarebbero arrivate le voce di andata, ma da dove non ne sarebbe riemersa nessuna di ritorno.

dal libro “Il posto degli assenti




Sulla solitudine

Invito a scriverne

Ho una forte idiosincrasia nei confronti della lingua anglo-americana e se qualcuno vuol saperne il perché può leggerne i motivi qui sul blog nel seguente post.
www.porticando.eu/blog/inglese

Ma, come diceva qualcuno, a volte è necessario volare basso al livello di “Ok, tank you” per cui ora che mi è venuto il desiderio e l’idea di scrivere sulla solitudine  e di invitare te che ora stai leggendo a farlo, può essere comodo ricorrere alla semplificazione loneliness · solitude che spacca il concetto in due separandone in maniera forzata l’aspetto doloroso dall’aspetto piacevole.

La solitudine, a volte vestita da Arlecchino a volta da Pulcinella, chiara come una giornata di sole o grigia come le nuvole, creativa o accidiosa sempre fa capolino nella nostra vita come amica fedele o come dispettosa e importuna compagna di strada e spesso contemporaneamente l’una e l’altra.

Si annida mesta nei like e nel caotico e chiassosso peregrinare della folla virtuale di FB, la trovi frizzante o malinconica nel lavoro, ti fa da calda confidente mentre scorri le pagine di un buon libro, ti parla di te stesso nelle notti stellate, ti è vicina timorosa o adrenalinica nell’attesa, ti permette di isolarti dagli insopportabili rumori di questo mondo, ti circonda nei momenti di delusione o di incomprensione, può essere un torrente impetuoso  o un placido fiume o un lago melmoso, può essere fredda e triste anche se elegante come nell’uomo del Vecchio frac di Modugno o un fiore come nella canzone di Sergio Endrigo, può indurre all’invidia  e all’avarizia oppure all’empatia e alla generosità, può accarezzarti o procurarti dei lividi.Può essere un blues o un canto gregoriano.

Una cosa è certa: scrivere ti farà sempre stare in compagnia con la parte più dolce di te stesso.

Fallo anche tu. Ne sarò lieto.

Nel frattempo se ti va ecco un po’ di musica per tenerti compagnia

Giorgio Gaber La solitudine

Leo Ferré Avec le temps

Gilbert O’ Sullivan Alone Again

Nei prossimi giorni troverai qui i contributi sulla solitudine di amici ed amiche .




Fratellino

Ho ascoltato il Papa da Fazio. Sono abbastanza indifferente al diritto di autore e non ho remore a leggere libri digitali gratuitamente, ma “Fratellino” il libro di cui ha parlato Francesco, lo ho comprato ed ho iniziato a leggerlo. Un piccolissimo lenimento per la mia mente contro la sensazione di impotenza che provo di fronte alle immani tragedie di questo mondo.

Questo avevo scritto ieri notte.
Stamattina lo ho letto tutto: le traversie di Ibrahima un ragazzo guineano che parte alla ricerca del suo fratellino, attraversa deserti di sabbia e desolati ed aridi sentieri mentali, fino ad imbarcarsi su un gommone per la Spagna dopo anni segnati dalle torture, dalla fame, dallo sfruttamento, dalla disumanità dei trafficanti di anime e dalla solidarietà dei disperati suoi simili.
Potremmo parlare anche di un drammatico percorso di formazione. Ibrahima partito con una sorta di forzato ottimismo giovanile alla ricerca di Alhassane diventerà uomo attraversando il vuoto del Malì, l’inferno della Libia, la dura e clandestina vita di straniero nelle terre dell’Algeria e del Marocco pagati dall’Europa per reprimere e dove, come spesso accade, a salvarlo dalla brutalità dello stato,dai commercianti di anime e dagli approfittatori della misera, è l’incontro con i suoi simili.
Ma il libro non è solo questo; due ore di pagine nelle quali fra fili spinati, repressioni poliziesche, minacce di morte traspare la profonda umanità e direi saggezza degli ultimi.
Riporto qui alcune frase dettate da Ibrahima, analfabeta, a chi ha messo su carta il suo racconto.

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Tu sei in un angolo, seduto per terra, o sdraiato. Il terreno è di sabbia e una volta al giorno passano con una pentola. Tu devi allungare il braccio e aprire bene la mano, così, perché ti buttano il cibo come ai cani. Ma a volte il cibo è bollente e ti brucia la carne della mano. Allora lo lasci cadere per terra e resti senza mangiare. Domani passeranno di nuovo, alla stessa ora, allo stesso modo.”
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“Per lavorare nel commercio è molto importante avere un cuore piccolo. Questo non è un difetto, è una virtù, ma non tutti possono farlo. Forse poco a poco si impara, non lo so, io non ci ho mai provato.”
….

Abbiamo passato tutta la notte alla deriva, in mezzo al mare. La gente ha iniziato a piangere, soprattutto le donne, ma non solo loro, anche il capitano. Era senegalese. Io non so chi l’ha nominato capo della spedizione. Aveva detto che conosceva il mare, ma un capitano ha bisogno di più forza nel cuore, deve dimostrare che è il più coraggioso, invece quello piangeva come un bambino. Così è difficile arrivare in Europa. Io ho cercato di legare le ali al mio spirito, di non pensare più, ma non era facile. Vedevo il viso di mia madre davanti ai miei occhi. E pensavo: “Alhassane sarà partito in una notte come questa”. Il mare è molto vasto, come la notte. Ma la notte, se aspetti un po’, ti lascia su una riva, e allora è giorno, viene la luce. Si vede di nuovo tutta la vastità del mare, e pensi, impossible.”




Gioventù circolare

di Enzo De Leo

I ricordi della nostra giovinezza – quando ormai questa fase della nostra vita è passata da tempo – sono avvolti da un alone di nostalgia che, talvolta, induce a deformare un po’ la realtà. Tendiamo, ad esempio, spesso a pensare, come dice Guccini che “eran belli i nostri tempi”. I fatti, le atmosfere, i luoghi, le passioni di quelli che furono giovani con noi ci appaiono tutt’altra cosa rispetto a quelli di oggi. E’ una tendenza a cui non sfuggono quasi tutti gli anziani di ogni epoca.  Ma è proprio così?

Difficile naturalmente dare una risposta univoca. Le condizioni di vita – non solo materiali – dei giovani di alcune epoche è stata certamente migliore di quella di altri periodi. Per non parlare dei destini individuali a volte particolarmente sfortunati, a volte caratterizzati da una sempre relativa serenità.

L’articolo di Carlo sul circolo di “Fonz  ‘u vasc” ha fatto nascere in me uno di quei momenti di nostalgia ( nostalgia del circolo di “Fonz ‘u vasc” ?! ) inducendomi a una riflessione con incerte pretese di oggettività. Ho pensato che se anche un circolo finalizzato al gioco delle carte, e spesso al gioco d’azzardo, divenne di fatto un luogo di aggregazione di giovani che condividevano qualcosa in più della passione/vizio del gioco non è stato tanto merito né del gestore né dei giovani. E’ stato invece, a mio avviso, il risultato di quella che era l’atmosfera di un’epoca. Un’epoca in cui i giovani tendevano naturalmente ad aggregarsi, a costruire spazi condivisi, a essere attratti verso quelle realtà in cui l’aggregazione era già avvenuta. (Naturalmente esistono anche adesso realtà in cui tanti ragazzi si ritrovano. Ma non costituiscono più un elemento che caratterizza la nostra epoca).

Provo a nominare alcune di quelle realtà che, qui a Cava, tra gli anni 1960 e 1970, furono molto presenti e vivaci e, soprattutto, molto frequentate.

C’erano, dunque, le associazioni che aderivano all’azione cattolica o comunque cattoliche (la S. Francesco, l’Antoniana, la Pippo Buono, gli scouts e, per gli universitari, la FUCI ), il Tennis Club – non proprio un circolo giovanile ma con una larghissima rappresentanza di giovani – , il Club Universitario Cavese, la sezione Gramsci del PCI, le associazioni che gestivano radio libere, e poi la IV Internazionale, il collettivo “donne in rivolta”….

C’è stato anche, per un certo periodo – 1968/69 –, il Gruppo 3, costituito da giovani che condividevano un’ideologia all’incrocio tra la cultura hippy e quella della sinistra radicale.
L’offerta aggregativa, per così dire, era estremamente ampia e variegata.
Le diverse associazioni, infatti, avevano identità abbastanza ben definite: diverse associazioni cattoliche, il Club universitario cavese che ben rappresentava quella che era stata una cultura molto diffusa in Italia dal dopoguerra in poi e cioè la goliardia, il Tennis, circolo più esclusivo e principale espressione della borghesia cavese, e poi associazioni o partiti di sinistra storica o radicale ( ma anche estrema destra ), circoli giovanili come la Sad, il Beat Club, il Ragno Rosso ecc..

La presenza di queste realtà rendeva, sotto un certo aspetto, la vita dei giovani un po’ ( o tanto ) diversa da quella dei loro coetanei di oggi.  Intanto perché si poteva uscire tutte le sere sapendo sempre dove andare trovando altri ragazzi con cui si chiacchierava, si giocava a carte, a calcetto, a pallacanestro, a tennis e così via. Ma anche perché la presenza di queste associazioni favoriva una progettualità condivisa e uno scambio vivace non solo all’interno delle singole realtà ma anche, a volte, nella contrapposizione tra esse.

Mi fermo. Si potrebbe continuare. Raccontare per esempio della vita quotidiana all’interno di queste associazioni, dell’azione dirompente che la rivolta studentesca del 1968 ebbe su di esse (non dissimile peraltro da quanto accadde nel resto d’Italia ) e tanto altro. Siccome però i protagonisti di quell’epoca son in maggioranza ancora vivi, spero che queste poche righe possano servire da introduzione a osservazioni, ricordi, analisi e quant’altro contribuisca ad arricchire la memoria del nostro passato.

Su
https://www.porticando.eu/index.php?/category/105
https://www.porticando.eu/index.php?/category/97
https://www.porticando.eu/index.php?/category/243
potrete trovare un ampia documentazione fotografica sulle associazioni e i circoli degli ’60 e ’70 nella nostra città.




Pertosa Express

di Benedetto Cafaro

Penso di essere in un blog dove molti mi conoscono e comunque mi presento: sono Benedetto di Pertosa amico di ” zi Carluccio” ( mi piace chiamarlo cosi!…) da almeno mezzo secolo..
Carlo trascorreva almeno una quindicina di giorni al paese dei suoi genitori l’estate alla fine degli studi…
A fine anni 60 ( per quello che mi ricordo..) iniziò questa sua frequentazione al Muraglione la contrada in prossimità delle grotte dove la mia famiglia aveva un piccolo alberghetto.

Agli inizi del 2000 Carlo e Rosaria mi fecero conoscere i loro giovani e meno giovani amici con i quali io, mia moglie Carmela e mia figlia Antonia legammo subito tanto è vero che per diversi anni in molte occasioni furono ospiti alla pari nel ristorante-albergo per intere giornate e spesso nottate, a volte anche accompagnati dalle loro signore.
Per me fu facile amarli: un sacco di risate, gustose mangiate insieme, lunghe e stimolanti discussioni sui massimi e sui minimi sistemi, cavatelli e vino in abbodanza, musica e divertenti racconti e poi il loro prezioso aiuto nelle giornate di lunedi in albis e ferragosto quando facevano da provetti camerieri, lavapiatti e uomini di pulizia.
La vita ci sorrideva allora e alla grande!…
Di ricordi ne ho una miriade…ci siamo frequentati fino ad aprile 2011 mese in cui ho abbandonato Pertosa…
Se penso a Carlo: davanti i miei occhi appaiono vivide le immagini di quanti mi sono stati Pertosani d’adozione in quel decennio: i nipoti di Carlo: Raffaele(🙏) e Armando, Marcello, Ermeneziano, Enzo Lampis, Roberto e Vincenzo De Leo , Sandro, Salvatore il greco, Giuseppe il farmacista, Enzo il pescatore fortunato, Mario il giocatore di pallone goleador in una sfida a calcetto con i ragazzi di Pertosa e poi Enzo Senatore, Ivan e tanti altri ancora. Con tutti ho trascorso ore indimenticabili.
Ora però voglio raccontarvi un episodio degli anni precedenti quando erano i familiari di Carlo a frequentare l’albergo Cafaro…
Sarà stato il 68/69 ed in quel periodo il ristorante era il luogo di ritrovo dei giovani pertosani.
Carlo venne per qualche giorno con il cognato Matteo ( ora se non erro vive a Sondrio..)
Matteo: solare,loquace, empatico si integro’ subito con noi del Muraglione…
All’epoca fra di noi quando nei ragionamenti una persona si dimostrava caparbia e ottusa si era solito dire : “Tu ragioni a livello di “Sciartone
I soprannomi nei paesi avevano una logica certa.
Sciartone era l’unico pecoraro rimasto;
aveva una sessantina d’anni e un aspetto trasandato e rude…
Ogni tanto veniva al bar-tabacchi del ristorante per comprare le sigarette.
Probabilmente aveva le pecore al pascolo nei terreni vicino….
Matteo era da una decina di giorni con noi e aveva interiorizzato la frase che ricorreva spesso nei nostri discorsi pertosani e imparò presto a pronunciare la frase “Ragioni a livello di Sciartone” nelle chiacchierate che non mancavano mai nelle dolci serate dell’estate pertosana.
Matteo non conosceva Sciartone ma caso volle che i due una mattina si trovassero davanti al bar ognuno ignaro di chi fosse l’altro.
Per puro caso intavolarono un ragionamento…
Non passarono 10 minuti che Matteo di fronte alla caparbietà del pastore ebbe a dirgli: MA VOI RAGIONATE PROPRIO A LIVELLO DI SCIARTONE!….

Non vi dico che faccia fece Sciartone né l’espressione di Matteo quando tutti noi scoppiamo in una fragorosa risata.




Una lunga ricerca e una gustosa lettura

Di Paolo Di Mauro

Negli anni ’80 trovai, tra i libri di famiglia tre volumetti de l’Almanacco Igienico Popolare del dr. Paolo Mantegazza del 1800. Incuriosito li sfoglia i e trovai indicazioni, notizie, disegni igienico sanitari che oggi fanno sorridere. Rimedi e cure anacronistici ma interessanti e pubblicità di attrezzature, macchine ed altro inconcepibili oggi.
Fui anche affascinato dalla figura dell’autore che laureato in medicina e specializzato in antropologia subito dopo gli studi si recò in Sud America dove trascorse diversi anni. Fu uno dei primi italiani a propagare le teorie di Darwin.
Decisi allora, affetto da sindrome Panini, che mi sarei procurato tutti i 40 almanacchi editi dal 1866 al 1905. Questa mia ricerca è durata circa vent’anni e li ho trovati tutti.
Qualche mese fa ho donato l’intera raccolta al museo/biblioteca “Ca Granda” del Policlinico di Milano dove per qualche anno aveva collaborato il Mantegazza, la collezione è stata molto gradita ed apprezzata dalla dirigenza del Museo.

Naturalmente ho la copia digitale di tutto.
Vi assicuro che si tratta di una piacevole, leggera, sorridente ed intrigante lettura.

Chi vuole può chiedermi la copia di qualche numero scrivendomi a
paolodm14@gmail.com

Eccone uno (L’arte di campar vecchi) che potete scaricare da qui
https://nuvola.porticando.eu/s/ANBFnYYYDLCcRJF

Buona lettura




“Lo Spaccone” in versione Fonz’ ‘O Vascio

di Maurizio Paolillo

A proposito del tuo pezzo sul Circolo di Fonz’ ‘O Vascio (con la zeta: in napoletano Alfonso diventa Fonzo, con indurimento della sibilante [t’aggia richiamà sempe…]), mi è venuto in mente un gustoso episodio che ti racconto in questo breve testo.

Leggendo il pezzo di Carlo dedicato a quella sorta di Paese dei Balocchi alla paesana che era il Circolo di Fonz’ ‘O Vascio mi è venuto in mente un teatrino che ha animato le nostre serate per un periodo.
Siamo nella seconda metà degli anni ’70, 1976-77 più o meno. In molti di noi frequentavamo soprattutto il bigliardo, giocando, male, interminabili partite al gioco delle 15 palle (il 15-ball Pool erroneamente detto carambola).
A un certo punto iniziò una rappresentazione che si protrasse per molte sere di fila e, di fatto, era diventato uno spettacolo fisso, a beneficio di tutta la combriccola non pagante. Una riproposizione pezzotta del leggendario film Lo Spaccone del 1961 (https://it.wikipedia.org/wiki/Lo_spaccone).

Ogni sera si sfidavano Mimmo Baldi Cococco, nella parte di Eddie Lo Svelto (lo Spaccone interpretato nel film dall’immenso Paul Newman) e Salvatore Senatore ‘O Chiattone, nel ruolo di Minnesota Fats. La contesa si protraeva per ore ogni sera e la posta in palio era, inizialmente, un mignon di Amaro San Marzano, acquistato presso lo stesso Fonzo. Ogni sera andava allo stesso modo: Salvatore/Minnesota Fats vinceva la prima, Mimmo/Eddie chiedeva la rivincita col raddoppio della posta in palio, Salvatore/Minnesota la concedeva e invariabilmente rivinceva. E si andava avanti così per diverse ore con la posta che raddoppiava ogni volta e Salvatore/Minnesota che le vinceva tutte. Il particolare non trascurabile della vicenda era che le bottigliette di San Marzano venivano usualmente consumate dai due prodi durante le partite. O almeno, nel mio ricordo Mimmo/Eddie le scolava tutte, con la conseguenza che alla fine della serata era sotto di molte partite, colpito nel profondo del suo orgoglio e ubriaco perso.

La serata si risolveva invariabilmente con le invettive di Mimmo/Eddie nei confronti di Salvatore/Minnesota e il proposito di rifarsi la sera successiva.

Non ricordo, ma sarà un limite della mia memoria, che questi propositi di riscossa si siano mai realizzati…




Almanacchi

Stanotte arriva la Befana. Se qualcuno domani  ti chiederà cosa ti ha portato la vecchietta con le scarpe rotte non rispondere con la  metonimia o il disfemismo napoletani (non so bene di quale figura retorica si tratta) della parola “niente“. Rischi come risposta la salace battuta che imparai dal vecchio dottore Luca Alfieri qui a destra nella foto e che potete vedere meglio su porticando.it.

Epifania tutte le feste porta via ed inoltre sembra che riempa le calze sempre di più con scadente carbone non adatto nemmeno per il riscaldamento; mestamente studenti e professori tornano nelle scuole; le decisioni e le incombenze che avevamo rimandatte all’anno nuovo ci attendono impazienti; si riprendono le solite abitudini e soprattutto rientrano prepotentemente nelle nostre case, nelle nostre menti e nei nostri cuori le insopportabili e sempre più numerose notizie e immagini di morte, di fame, di crudeltà e di disumanità.

Da molto tempo non ho più la presuntuosa idea di poter cambiare qualcosa se non me stesso: il mio emisfero sinistro (o quello destro?) mi dice che nemmeno questo anno potrò acquistare all’angolo di una strada un ombrello capace di proteggermi dalle piogge acide  che ci attendono.

Ma c’è ancora un po’ di cera ed è ancora accesa, anche se tremolante, la speranza  di poter incontrare, come Leopardi,  un onesto venditore di almanacchi se ancora ce ne sono.

Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere

Venditore: Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?
Passeggere: Almanacchi per l’anno nuovo?
Venditore: Sì signore.
Passeggere: Credete che sarà felice quest’anno nuovo?
Venditore: Oh illustrissimo sì, certo.

Passeggere: Come quest’anno passato?
Venditore: Più più assai.
Passeggere: Come quello di là?
Venditore: Più più, illustrissimo.
Passeggere: Ma come qual altro? Non vi piacerebb’egli che l’anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?
Venditore: Signor no, non mi piacerebbe.
Passeggere: Quanti anni nuovi sono passati da che voi vendete almanacchi?
Venditore: Saranno vent’anni, illustrissimo.
Passeggere: A quale di cotesti vent’anni vorreste che somigliasse l’anno venturo?
Venditore: Io? non saprei.
Passeggere: Non vi ricordate di nessun anno in particolare, che vi paresse felice?
Venditore: No in verità, illustrissimo.
Passeggere: E pure la vita è una cosa bella. Non è vero?
Venditore: Cotesto si sa.
Passeggere: Non tornereste voi a vivere cotesti vent’anni, e anche tutto il tempo passato, cominciando da che nasceste?
Venditore: Eh, caro signore, piacesse a Dio che si potesse.
Passeggere: Ma se aveste a rifare la vita che avete fatta né più né meno, con tutti i piaceri e i dispiaceri che avete passati?
Venditore: Cotesto non vorrei.
Passeggere: Oh che altra vita vorreste rifare? la vita ch’ho fatta io, o quella del principe, o di chi altro? O non credete che io, e che il principe, e che chiunque altro, risponderebbe come voi per l’appunto; e che avendo a rifare la stessa vita che avesse fatta, nessuno vorrebbe tornare indietro?
Venditore: Lo credo cotesto.
Passeggere: Né anche voi tornereste indietro con questo patto, non potendo in altro modo?
Venditore
: Signor no davvero, non tornerei.
Passeggere: Oh che vita vorreste voi dunque?
Venditore: Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz’altri patti.
Passeggere: Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell’anno nuovo?
Venditore: Appunto.
Passeggere
: Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest’anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d’opinione che sia stato più o di più peso il male che gli è toccato, che il bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?
Venditore: Speriamo.
Passeggere: Dunque mostratemi l’almanacco più bello che avete.
Venditore: Ecco, illustrissimo. Cotesto vale trenta soldi.
Passeggere: Ecco trenta soldi.
Venditore: Grazie, illustrissimo: a rivederla. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi.




Scrivere per rivivere

di Marina Melchionda

Più invecchio e più le persone che ho conosciuto non ci sono più.
E io non riesco a fare pace con nessuna di queste assenze.
Allora che faccio? Scrivo.
Prendo un episodio del passato e mi metto a scrivere.
Dentro al passato quelli che tu ami, stanno tutti là, non ci manca nessuno.
E allora scrivendo costringo queste persone, che si sono andate a cacciare in quell’aldilà senza il mio permesso a essere di nuovo con me.
Fino a che scrivo loro stanno con me.

Condivido e quindi…..
In un presente lontano, io e Mariano, nella sicurezza insicura di quel periodo giovanile, avevamo tante passioni e Mariano amava la letteratura russa, soprattutto Dostoevskij e il suo Delitto e castigo.
Mi diceva che, senza quella lettura, non avrei capito nulla della vita e della complessità dell’animo umano. Non ha mai tradito quest’amore e, negli ultimi anni della sua vita terrena, leggeva i racconti di Cechov e, dopo alcune pagine, sorrideva sereno e, come sempre, mi invitava alla lettura ed a a partecipare a questa gioia letteraria e non solo…..




OROSCOPO 2024

Cum annus octingentos et undenos occurrat et non obliviscatur patris sui tunc astra ipsa sunt. noli prodere nec alibi quaerere. Nam sortis nomen est. (incisione su una colonna presso Praga)

Questa la traduzione: Quando l’anno si incontra con l’otto e con l’undici e non dimentica il padre allora le stelle sono se stesse; non tradirle né cercare altrove. Il loro nome è il tuo destino.

Chiaramente l’iscrizione si riferisce al prossimo anno il 2024 in quanto
                2024 = 11x8x23
Dove 23 è il padre cioè l’anno precedente.

Ho inviato questa mia interpretazione al mio amico Pavel K. studioso di esoterismo che ogni hanno mi scrive l’oroscopo predicendo cose che quasi sempre si avverano (naturalmente mi parla solo delle cose buone).

Mi ha risposto che conosce questo reperto e condivide la mia lettura ed in particolare sostiene che nel prossimo anno tutti dovrebbere ubbidire a quanto suggerito dai nomi delle proprie costellazioni e ha scritto questi brevi oroscopi.

ARIETE: muoviti con decisione, soprattutto in casa e fingendo di urtarli rompi pure tutti gli oggetti dei quali da tanti anni vorresti liberarti ma qualche familiare te lo ha sempre impedito;

TORO: Sei fortunato perché in giro non si vede più nessuna bandiera o muleta rossa; ma attento anche ai drappi neri dietro i quali si nascondono spade molto pericolose;

GEMELLI:  se hai un fratello o una sorella che ti assomiglia e ha un patrimonio migliore del tuo  proponigli di unire le vostre ricchezze, se hai un fratello o una sorella che ti fa questa proposta rifiuta l’offerta;

CANCRO: sei un granchio e sarai molto a tuo agio in questa città che cammina all’indietro come te;

LEONE: se sei uomo sappi che comandano le leonesse e non le innervosire, se sei donna impara a ruggire;

VERGINE: se non sei monaco o monaca cerca di cambiare segno (se già non lo hai fatto);

BILANCIA: qualche volta sarà necessario che tu usi pesi truccati nei rapporti con le persone. Spesso gli altri lo fanno con te. Attento/a a non sbilanciarti troppo nei giudizi e nelle relazioni;

SCORPIONE: riserva il tuo veleno alle persone che lo meritano e attento/a alle scope.

SAGITTARIO: cerca  di scagliare frecce senza punta, ma frecciate appuntite quando ce ne sarà bisogno.

CAPRICORNO: attento/a a comprare le scarpe giuste o a comprare nuovi pneumatici, ti sarà più facile suonare il flauto o il clacson camminando sui sentieri pieni di buche (soprattutto quelli dei villaggi della tua città);

ACQUARIO: non dimenticare di chiudere i rubinetti quando esci di casa  e per migliorarti concediti un viaggio a Genova o a Valencia, ma attento/a ai pescecani;

PESCI: cerca di parlare poco e muoviti sottacqua perché l’anno sarà pieno  di ami tentatori.