Angela Pellegrino

Viaggiare per me è un bisogno, un nutrimento, un modo di vivere meglio, quindi amo fare la valigia.
Fare la valigia è già una piccola partenza, devi ‘seguire’ l’itinerario e pensare a cosa ti potrebbe occorrere, giorno per giorno.
Da molti anni mi attengo fedelmente al famoso ‘consiglio per il buon viaggiatore’: metti sul letto tutto ciò che pensi ti possa servire per il tuo viaggio, e poi togline la metà. Poi togli ancora una parte di ciò che resta, e il rimanente mettilo in valigia.
Mi insegnò mio padre ad amare i viaggi, fino da piccoli ci portava – nella sua Fiat del momento – in tutta l’Europa raggiungibile in auto, Parigi, Vienna, la Jugoslavia ecc, dopo che avevamo conosciuto ben bene l’Italia.

E sono cresciuta con questa passione, grazie alla quale ho girato buona parte del mondo raggiungibile.
Fare la valigia mi dà subito il buonumore, è segno che la partenza si avvicina. Oramai sono una ‘preparatrice di valigia’ esperta, me la sbrigo abbastanza facilmente.
Per esempio, faccio sempre in modo da lasciare in valigia uno spazio vuoto, per poterci stivare gli oggettini (non molti) che non manco mai di comprare nelle varie tappe, e poi ho un’altra abitudine. Mi porto sempre un paio di shirts, maglioni, pantaloni ecc, che non metto più ma che sono in buone condizioni, e li lascio alle cameriere, oppure a chi mi capita. Mi è capitato di regalare, per esempio a chi mi rifaceva la camera, una sciarpa o altro, vedendo sorrisi felici. A volte lascio le scarpe o anche capi di abbigliamento in camera, stando bene attenta ad appoggiarli sull’orlo del cestino, affinché si capisca che me ne voglio disfare, ma si veda che sono utilizzabili.
Quando vado in un paese socialmente ‘arretrato’ rispetto all’Italia, metto sempre in valigia delle cose da regalare – senza che sia umiliante – alle cameriere, oppure ai bambini e ragazzi che ci vengono incontro sorridenti quando scendiamo da un pullman, per esempio.
Viaggiare allarga il cuore e la mente, arricchisce e completa, e la valigia è la compagna di viaggio che non deve contenere solo abiti e accessori vari, ma anche un po’ di umanità.




Alfonsina De Filippis Cheli: la mia valigia sono io

La mia valigia sono io. Contengo in me tutto il necessario per il mio viaggio. Nel tempo è diventata un po’ pesante, ingombrante, ma non potrei alleggerirla di nulla. Dentro c’è l’occorrente per affrontare qualunque cammino, che sia sotto il sole cocente delle passioni o dentro la nebbia fitta delle mie paure e incertezze, in lei c’è sempre quel che serve per non perdermi , per ritrovare la strada, per rialzarmi e procedere o per fermarmi a riposare. In gioventù l’avevo organizzata per scomparti, una custodia per i ricordi, una tasca per i sogni, uno scomparto per le paure, uno per i desideri. Ora, quando ne guardo il contenuto, ritrovo pezzetti di vissuto un po’ sparpagliati che si agitano e sgomitano, si librano senza un ordine, mi invadono e mi conquistano, prendono il volo e mi stupiscono , mi toccano e mi pungono.

Tra immagini e suoni , voci , sorrisi persi, risate godute, battaglie mai vinte, conquiste e gioie, delusioni e sorprese, sospiro e sorrido, mi lascio invadere e cedo. La mia valigia è il mio cuore, un po’ malandato, ma mai veramente sconfitto. Posso andare ovunque, porto con me tutto il mio mondo, i miei amori, i miei ricordi, il mio passato, il mio presente e quel minuscolo cielo che è ormai il mio futuro. E’ un mondo colorato, pieni di profumi antichi e fruttati, di sguardi ormai lontani, di carezze ricevute e donate, di sorrisi regalati, di abbracci ormai irripetibili, un caleidoscopio di mille colori. Apro spesso questa valigia ormai segnata dal tempo, mi piace ciò che contiene, quello che ancora sa dirmi. Amo prendermene cura nei lunghi pomeriggi oziosi o nelle notti in cui pare non trovi pace…sciolgo le trame dei ricordi, accarezzo i miei cari perduti e quelli lontani, intreccio le mie speranze, rispolvero sogni ormai antichi, risveglio speranze che pensavo perdute . Pesa la mia valigia e a volte, sotto il suo peso, arranco, mi piego, affanno, rallento il mio passo….eppure l’amo, è mia perchè sono io, imperfetta , insolente , incerta…ma ricca, tanto ricca. La apro, ne guardo il contenuto e so di non aver vissuto invano. Bella, pesante e piena…la mia valigia!




Pasquale Perfetto: La valigia

«Buongiorno signore, carta d’imbarco e passaporto prego».
«Ecco, a lei».
«Quante valigie ha, signore?»
«Quattro».
«Quante?… Quattro!»
«Sì, quattro».
«Mi dispiace signore ma la franchigia bagagli è di tre colli».
«Senta signorina io ho bisogno di imbarcare tutt’e quattro le valigie, per me è necessario».
«Signore le consiglio di far entrare tutto il vestiario nei tre colli».
«No, non è possibile mi servono tutti, non posso lasciarli qua…»
«Dovrà farlo signore, diversamente non può imbarcarsi».
«La prego signorina non li posso lasciare qua, ne ho bisogno, senza mi sentirei nudo».
«Perché non elimina qualche indumento?»
«Non posso».
«Perché non può?»
«Volerebbero via!»
«Come volerebbero via?»
«Sì, volerebbero via».
«Scusi signore che razza di indumenti contengono le sue valigie?»
«Non sono indumenti».

«E cosa sono, signore?»
«Pensieri».
«Pensieri? Ma non sono troppe quattro valigie di pensieri?»
«No, io ci tengo alle mie comodità».
«E li deve portare tutti con sé? Non può lasciarne qualcuno a casa?»
«No, ho paura che li rubino».
«Be’ potrebbe ridurre il numero dei pensieri e farli entrare tutti in tre soli colli, non crede signore?»
«No, non me la sento, soffrirebbero troppo: incastrati l’uno sull’altro in uno spazio ristretto e senza luce… no, preferisco tenerli comodi».
«Ma perché, quanto tempo resta fuori, signore?»
«Sei mesi, signorina».
«Non può indossarne qualcuno più di una volta,? Tanto se sono freschi e puliti, possono essere riutilizzati e…»
«No, ne voglio indossare uno al giorno, i pensieri usati non mi piacciono».
«Può comprarne altri in viaggio, il costo non è eccessivo».
«I pensieri in vendita sono polverosi e antiquati, preferisco i miei».
«Senta signore io non posso aiutarla, lei deve assolutamente eliminare una valigia. Tolga la rossa».
«No, la rossa no».
«Perché la rossa no?»
«È quella dei pensieri d’amore».
«Allora la verde».
«Neanche, è quella dei pensieri di speranza».
«Quella blu allora».
«Nemmeno, è quella dei pensieri di pace».
«Non resta che la viola. Elimini quella viola allora».
«No! Proprio quella no!»
«Perché proprio quella no, signore? Che tipo di pensieri contiene quella valigia?»
«Ehm…»
«Allora? Me lo dice signore?»
«Ehm… quella viola non contiene pensieri».
«Cosa allora?»
«Ehm… sogni».
«Sogni?! Lo sa che il contrabbando di sogni è punibile con l’arresto immediato? Lei è un folle!»
«Lo so, lo so, ma i sogni sono miei, perché non dovrei portarli con me?»
«I sogni vanno condivisi con gli altri, altrimenti è impossibile che si realizzino. Apra subito la valigia viola e faccia uscire i sogni, in modo che possano beneficiarne anche gli altri. Si muova!».
«D’accordo, d’accordo lo faccio, ma non ne posso tenere qualcuno per me?»
«Non c’è bisogno: i sognatori come lei possono produrne tanti. Felice volo signore».




Isidoro Zerial: piccola valigia

La mia valigia fu un treno che partì da Salerno. All’interno qualche mutanda, un paio di calzini, un jeans….Però non ci entravano i miei affetti. Fare la valigia era tagliare le radici e diventare qualcun’ altro.

Non è grossa, non è pesante
la valigia dell’emigrante…
C’è un po’ di terra del mio villaggio,
per non restare solo in viaggio…
un vestito, un pane, un frutto,
e questo è tutto.
Ma il cuore no, non l’ho portato:
nella valigia non c’è entrato.
Troppa pena aveva a partire,
oltre il mare non vuol venire.
Lui resta, fedele come un cane,
nella terra che non mi dà pane:
un piccolo campo, proprio lassù…
Ma il treno corre: non si vede più.
Gianni Rodari




Antonello




La mia valigia

Nel piacevole rendez-vouz del caffé della solitudine abbiamo pensato di scrivere su:
“Quasi ogni giorno e quasi ogni notte partiamo per un nuovo viaggio per paesi mentali e fisici più o meno lontani, a noi già noti o mai visitati. Cosa c’è nella tua valigia?”

Facci sapere!

Battisti: si viaggiare
Ligabue: il peso della valigia



Nicola Di Domenico: Il circolo di Fonzo ‘o Vascio

Articoli storici quelli pubblicati su CavaNotizie !!
Si parla del circolo ricreativo di Fonzo ‘o Vascio ubicato nel portone di fronte al METROPOL !! Nella foto grande del primo articolo ci sono da sinistra Pasquale ‘o parrucchiere ( affianco alla farmacia Accarino), mio fratello Salvatore (POP CORN), Fonzo, PEPPE SCALA, Filippo Adinolfi !! Io ho lavorato per Fonzo, andavo nei locali dove erano posizionati i flipper del circolo e riscuotevo gli incassi ed all’ accorrenza facevo anche da riparatore di piccoli guasti !! Una volta Fonzo mi chiese del lavoro che svolgevo all’agenzia ippica che era ubicata in Via V. VENETO (di fronte a VESSICCHIO), chiedendomi inoltre con quale scommessa si poteva vincere molto. Io gli spiegai che c’era una giocata il venerdì chiamata TRIS a carattere Nazionale. Si dovevano indovinare i primi tre, nell’ordine di arrivo !! Giocammo a società due biglietti da 1200 lire- Io compilai il mio biglietto da competente, leggendo i giornali di ippica, Fonzo invece fece diciotto palline su cui aveva scritto i numeri di 1 a 18- poi mise queste palline in un cappello, ne piglio’ tre sui c’erano i numeri 1-2 e 5. Il venerdì si fece la corsa che vedemmo in diretta per TV all’interno del Circolo. Vinsero i cavalli 1,2 e 5. ERANOranosavo che fossimo i soli vincitori. Eravamo nel 1974, non c’erano cellulari, collegamenti in tempo reale come oggi. Nell’agenzia ippica mi dissero che dovevo andare a Napoli a piazza Garibaldi dove alle 20,00 l’agenzia centrale avrebbe esposto il cartellone. MONTEPREMI 5.500.000 lire-5 vincitori, 1.100.000 per ognuno. Io con le mie 550.000 lire comprai subito il mio sogno!

Una moto usata : KAWASAKI 500 MACTH 3, faceva i 100 all’ora in quattro secondi ( la chiamavano la bara volante ) !! Bei ricordi!

Adesso al posto del circolo c’è lo studio del mio amico architetto FERNANDO SALSANO !!







La solitudine per F.D.L.

Solitudine
Non è l’esser solo
ma il sentirsi solo
in mezzo alla gente
E’ cercare occhi
che ti sappiano vedere
E’ cercare mani
che ti sappiano afferrare
E’ cercare orecchie
che sappiano ascoltare
il tuo gridare muto
a tutto l’universo
per invocare aiuto
E’ cercare un cuore
che ti voglia amare
così come sei
e non ti lasci andare

Città vuota
It’s a Lonely Town



Solitudine: sabato 17 febbraio chiudiamo con un caffè.

Incontro nei locali di Mademoiselle Charlotte in piazza con chi ha scritto o sta scrivendo, ma anche con chi segue questo blog. Vi aspetto!
Nel frattempo vi propongo questo raccontino che forse avrete già letto da qualche parte sui social o altrove:
Ieri ho incontrato un amico che mi ha detto:
“Mi sentivo solo e tutti mi parlavano dei loro numerosissimi amici su facebook; ma io non posseggo uno pc, né uno smartphone e così mi sono informato e ho deciso di farmi degli amici seguendo i principi di FB, ma senza usarlo.
Allora tutti i giorni scendo in piazza e spiego ai passanti… che cosa ho mangiato, come mi sento, cosa ho fatto la sera prima, quello che penso di fare, quello che farò domani, mostro le foto di mia moglie, dei miei figli e anche quelle del cane. Mi fermo in piazza e ascolto le conversazioni delle  gente e dico “mi piace”….
Ero scettico, ma sta funzionando! Ho già cinque persone che mi seguono:
-2 poliziotti
-1 psichiatra
-1 psicologo
-1 infermiere