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Non sono mai andato negli Stati Uniti, né ho intenzione di farlo mai, ma a New York ci sono stato per tre giorni al prezzo di pochi euro. Mi hanno portato alla prima, seconda ed  ennesima avenue le pagine di Trilogia di New York di Paul Auster autore di cui  fino a sette giorni fa non avevo mai letto niente. La notizia della sua morte, non so perché, mi ha spinto verso questo suo trittico intrecciato dei tre racconti racchiusi nel volume. Ed eccomi per tre giorni nelle vesti di Quinn, di Blue e di uno scrittore a cercare, controllare e seguire Peter Stillman, il signor Black  o l’amico di infanzia Fanshawe fra i meandri, le piazze, i palazzi della metropoli americana.

Un libro da leggere tutto d’un fiato e che vale da solo cento volte tutte le guide turistiche di New York, anzi vale cento volte il viaggio reale in questa città.
La scrittura di Auster è ipnotica, pindarica e spiazzante con continue variazioni di direzione narrativa procedendo a zigzag, come fanno spesso caoticamente i suoi personaggi lungo le strade della città dall’apparente ordine rettangolare euclideo ma di fatto invece immersa in una struttura di geometria iperbolica, ma al contrario di loro senza perdere mai il senso del peregrinare, perché le parole sono di per sé avulse dalla realtà e perciò ti portano nei luoghi  in cui vogliono andare anche quando sospetti di loro.

Una città allucinante, surreale come i quadri di Escher, popolata da persone inafferrabili che non puoi conoscere se non a rischio di sprofondare nei tunnel scavati dentro te stesso dai vermi silenziosi che popolano la grande mela. Un labirinto alla stregua della Biblioteca di Babele di Borges nel quale però trovi sempre un unico libro, un taccuino rosso pieno di parole indecifrabili alla lunga oscure anche per chi le ha scritte. Percorrere le strade della metropoli americana alla ricerca del significato dell’esistenza è cosa più folle e più grigia della lotta di Don Chisciotte contro i mulini a vento.

E quando poi entri in contatto con la persona al centro del tuo peregrinare fisico e mentale scopri che è soltanto il tuo William Wilson del racconto di Poe che ti trascina nel vortice bianco accecante in cui scompare Gordon Pym.

NON ANDATE A NEW YORK se  non insieme a Paul Auster!

2 thoughts on “Un viaggio (quasi gratuito) a New York

  1. Non solo New York, tutte le metropoli degli USA sono così, solo alcune hanno conservato la ‘misura dell’uomo’. La più ‘umana’ secondo me é San Francisco, dove gli autisti degli autobus ti aiutano a mettere la valigia sul predellino, ti fanno scendere alla fermata giusta, anzi – mi é capitato – un autista chiamò e fece risalire sul bus me e i miei amici perché avevamo sbagliato fermata. Ma il resto delle metropoli americane é come New York, sei solo

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