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Questa settimana l’ho dedicata a preparare le valigie. Per me, che parto spesso, fare la valigia è un’operazione semplice e ben collaudata, ma questa volta no, perché parto alla volta di un sogno: la Patagonia.
Per raggiungerla passerò per Buenos Aires e la Penisola Valdes. Il  tango e i pinguini che incrocerò lungo questo percorso di avvicinamento costituiranno le tappe intermedie prima dell’arrivo a Ushuaia, nella Patagonia argentina per poi risalire verso il Perito Moreno, l’enorme ghiacciaio in movimento che si affaccia sul lago Argentino.
Quelle terre all’estremità sud del mondo abitato hanno esercitato un enorme fascino su tante persone, da Jovanotti a Chatwin . La mia passione per la Patagonia è iniziata molti anni fa leggendo il libro autobiografico di Pablo Neruda “  Confesso che ho vissuto”.  Il poeta racconta la sua vita a partire dall’infanzia nella Patagonia cilena. “…Sotto i vulcani, accanto ai ghiacciai, fra grandi laghi, il fragrante, il silenzioso, lo scarmigliato bosco cileno…” canta Neruda  ne  “La tierra austral”. È questo l’incipit che il poeta ha scelto per l’introduzione al libro e che conclude dicendo “….da quelle terre, da quel fango, da quel silenzio, io sono uscito ad andare, a cantare  per il mondo”. La sua infanzia, felice e naturale, immersa nel clima sconfinato di questa terra di frontiera, ritorna come una costante in tutta l’opera di Neruda.

Come non innamorarsi della Patagonia che ha ispirato una delle voci più potenti e appassionate della Poesia?
E quindi parto … e preparo le valige, con difficoltà, come ho detto, non solo perchè  l’Argentina è un paese lungo più di 3000 km e dovrò affrontare il caldo di Buenos Aires e il freddo del Perito Moreno ma soprattutto perché’ non so precisamente cosa troverò ad attendermi: i frequenti controlli sulle temperature delle città che visiterò ai confini del mondo mi hanno rimandato dati contrastanti, anche l’estremo sud non ha più le temperature di una volta, la crisi climatica morde anche lì, ovviamente. E quindi in valigia bisognerà mettere di tutto un po’, e a quel punto realizzare l’ambizione di portare con se’ quanto e’ necessario, niente di più e niente di meno, diventa una pia illusione, con grave disappunto della mia schiena.
Al disagio “pratico” per la preparazione di queste difficili valige se ne accompagna uno più profondo e sottile: il timore che la realtà non sia all’altezza del mio sogno, che questo sia stato stravolto dallo sfruttamento delle risorse e delle bellezze naturali, dal consumismo che porta me per prima ad affrontare un viaggio (comodamente organizzato) per raggiungerlo.


Probabilmente è un timore che accompagna tutti i sognatori e fa intimamente parte del pacchetto “sogno”. Chiunque intraprenda un viaggio reale o metaforico verso una meta desiderata lo mette in conto, o forse non proprio tutti, solo i più realisti.
Un po’ di sollievo al mio disagio mi viene dai poeti:

“Dietro un miraggio c’e sempre un miraggio da considerare
Come del resto alla fine di un viaggio
C’e sempre un viaggio da ricominciare….”

Canta Francesco De Gregori in “Viaggi e miraggi”


“…Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo sulla strada…”

Scrive Kostantinos Kavafis nella sua famosa poesia “Itaca”.


Da queste auliche cime discendo faticosamente con i piedi per terra, e quindi …. sotto con la preparazione delle valige, inevitabile scotto da pagare per affrontare un bel viaggio che ha come meta un sogno.

1 thought on “Maria Rita Saggese: La valigia verso un sogno

  1. Non esiste un vascello veloce come un libro
    per portarci in terre lontane
    né corsieri come una pagina
    di poesie che si impenna –
    questa traversata
    può farla anche il povero
    senza oppressione di pedaggio –
    tanto è frugale
    il carro dell’anima.

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