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Non sono un grande appassionato di calcio…vedo solo le partite del Napoli o quasi, però questo libro è troppo bello.
Splendori e miserie del gioco del calcio di Eduardo Galeano
Un pic-nic nel mondo del pallone insieme ad un grande scrittore. Tre ore di piacevole lettura sia quando la tua squadra ha perso, sia quando ha vinto. Se poi non segui le partite ed il calcio non ti interessa, dopo aver letto le veloci e accativanti pagine di questo libro potrà succedere che continuerai a non soffermarti su 22 persone che corrono su un campo appresso ad una palla, ma è anche possibile che comincerai a seguirli.
In ogni caso avrai sicuramente fatto una piacevole escursione nel mondo e nella storia di questa piccola elastica sfera presa a pedate da milioni di bravi, modesti o scarsi giocatori ma amata da miliardi di persone.
Ecco qualche passo preso a caso:
Siete mai entrati in uno stadio vuoto? Fate la prova. Fermatevi in mezzo al campo e ascoltate. Non c’è niente di meno vuoto di uno stadio vuoto. Non c’è niente di meno muto delle gradinate senza nessuno.
……
Ci sono attori insuperabili nell’arte di guadagnare tempo: il giocatore si mette la maschera da martire che è appena stato crocefisso e allora si contorce in piena agonia, tenendosi il ginocchio o la testa e resta steso sull’erba. Passano i minuti. Con la velocità di una tartaruga accorre il massaggiatore, il manosanta, il grassone sempre sudato, che odora di linimento, che porta l’asciugamano al collo, la borraccia in una mano e nell’altra mano qualche pozione infallibile. Così passano le ore e gli anni, fino a che l’arbitro ordina di portar via dal campo quel cadavere. E allora, improvvisamente, il giocatore spicca un salto, hop, e si compie il miracolo della resurrezione.
……
Prima esisteva l’allenatore e nessuno gli prestava particolare attenzione. L’allenatore morì, con la bocca chiusa, quando il gioco smise di essere un gioco e il calcio professionistico ebbe bisogno di una tecnocrazia dell’ordine. Allora nacque il direttore tecnico, con la missione di evitare l’improvvisazione, controllare la libertà ed elevare al massimo il rendimento dei giocatori, obbligati a trasformarsi in disciplinati atleti.
L’allenatore diceva: «Andiamo a giocare». Il tecnico dice: «Andiamo a lavorare».
Adesso si parla con i numeri. Il viaggio dal coraggio alla paura, storia del calcio del secolo ventesimo, è un passaggio dal 2-3-5 al 5-4-1, passando per il 4-3-3 e il 4-4-2. Qualsiasi profano è capace di tradurre questo, con un po’ di aiuto, ma dopo non c’è più nessuno che ne sia capace. A partire da quel momento il direttore tecnico sviluppa formule misteriose come la sacra concezione di Gesù e con esse elabora schemi tattici più indecifrabili della Santissima Trinità.
……
L’arbitro è arbitrario per definizione. È lui l’abominevole tiranno che esercita la sua dittatura senza possibilità di opposizione, l’ampolloso carnefice che esercita il suo potere assoluto con gesti da melodramma. Col fischietto in bocca, l’arbitro soffia i venti della fatalità del destino e convalida o annulla i gol. Cartellino in mano, alza i colori della condanna: il giallo, che castiga il peccatore e lo obbliga al pentimento, e il rosso che lo condanna all’esilio.
I guardialinee, che aiutano ma non comandano, guardano da fuori. Solo l’arbitro entra nel campo di gioco e giustamente si fa il segno della croce al momento di entrare, appena si affaccia davanti alla folla ruggente. Il suo lavoro consiste nel farsi odiare. Unica unanimità del calcio: tutti lo odiano. Lo fischiano sempre, non lo applaudono mai.
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