Sulla solitudine

Invito a scriverne

Ho una forte idiosincrasia nei confronti della lingua anglo-americana e se qualcuno vuol saperne il perché può leggerne i motivi qui sul blog nel seguente post.
www.porticando.eu/blog/inglese

Ma, come diceva qualcuno, a volte è necessario volare basso al livello di “Ok, tank you” per cui ora che mi è venuto il desiderio e l’idea di scrivere sulla solitudine  e di invitare te che ora stai leggendo a farlo, può essere comodo ricorrere alla semplificazione loneliness · solitude che spacca il concetto in due separandone in maniera forzata l’aspetto doloroso dall’aspetto piacevole.

La solitudine, a volte vestita da Arlecchino a volta da Pulcinella, chiara come una giornata di sole o grigia come le nuvole, creativa o accidiosa sempre fa capolino nella nostra vita come amica fedele o come dispettosa e importuna compagna di strada e spesso contemporaneamente l’una e l’altra.

Si annida mesta nei like e nel caotico e chiassosso peregrinare della folla virtuale di FB, la trovi frizzante o malinconica nel lavoro, ti fa da calda confidente mentre scorri le pagine di un buon libro, ti parla di te stesso nelle notti stellate, ti è vicina timorosa o adrenalinica nell’attesa, ti permette di isolarti dagli insopportabili rumori di questo mondo, ti circonda nei momenti di delusione o di incomprensione, può essere un torrente impetuoso  o un placido fiume o un lago melmoso, può essere fredda e triste anche se elegante come nell’uomo del Vecchio frac di Modugno o un fiore come nella canzone di Sergio Endrigo, può indurre all’invidia  e all’avarizia oppure all’empatia e alla generosità, può accarezzarti o procurarti dei lividi.Può essere un blues o un canto gregoriano.

Una cosa è certa: scrivere ti farà sempre stare in compagnia con la parte più dolce di te stesso.

Fallo anche tu. Ne sarò lieto.

Nel frattempo se ti va ecco un po’ di musica per tenerti compagnia

Giorgio Gaber La solitudine

Leo Ferré Avec le temps

Gilbert O’ Sullivan Alone Again

Nei prossimi giorni troverai qui i contributi sulla solitudine di amici ed amiche .




Fratellino

Ho ascoltato il Papa da Fazio. Sono abbastanza indifferente al diritto di autore e non ho remore a leggere libri digitali gratuitamente, ma “Fratellino” il libro di cui ha parlato Francesco, lo ho comprato ed ho iniziato a leggerlo. Un piccolissimo lenimento per la mia mente contro la sensazione di impotenza che provo di fronte alle immani tragedie di questo mondo.

Questo avevo scritto ieri notte.
Stamattina lo ho letto tutto: le traversie di Ibrahima un ragazzo guineano che parte alla ricerca del suo fratellino, attraversa deserti di sabbia e desolati ed aridi sentieri mentali, fino ad imbarcarsi su un gommone per la Spagna dopo anni segnati dalle torture, dalla fame, dallo sfruttamento, dalla disumanità dei trafficanti di anime e dalla solidarietà dei disperati suoi simili.
Potremmo parlare anche di un drammatico percorso di formazione. Ibrahima partito con una sorta di forzato ottimismo giovanile alla ricerca di Alhassane diventerà uomo attraversando il vuoto del Malì, l’inferno della Libia, la dura e clandestina vita di straniero nelle terre dell’Algeria e del Marocco pagati dall’Europa per reprimere e dove, come spesso accade, a salvarlo dalla brutalità dello stato,dai commercianti di anime e dagli approfittatori della misera, è l’incontro con i suoi simili.
Ma il libro non è solo questo; due ore di pagine nelle quali fra fili spinati, repressioni poliziesche, minacce di morte traspare la profonda umanità e direi saggezza degli ultimi.
Riporto qui alcune frase dettate da Ibrahima, analfabeta, a chi ha messo su carta il suo racconto.

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Tu sei in un angolo, seduto per terra, o sdraiato. Il terreno è di sabbia e una volta al giorno passano con una pentola. Tu devi allungare il braccio e aprire bene la mano, così, perché ti buttano il cibo come ai cani. Ma a volte il cibo è bollente e ti brucia la carne della mano. Allora lo lasci cadere per terra e resti senza mangiare. Domani passeranno di nuovo, alla stessa ora, allo stesso modo.”
….

“Per lavorare nel commercio è molto importante avere un cuore piccolo. Questo non è un difetto, è una virtù, ma non tutti possono farlo. Forse poco a poco si impara, non lo so, io non ci ho mai provato.”
….

Abbiamo passato tutta la notte alla deriva, in mezzo al mare. La gente ha iniziato a piangere, soprattutto le donne, ma non solo loro, anche il capitano. Era senegalese. Io non so chi l’ha nominato capo della spedizione. Aveva detto che conosceva il mare, ma un capitano ha bisogno di più forza nel cuore, deve dimostrare che è il più coraggioso, invece quello piangeva come un bambino. Così è difficile arrivare in Europa. Io ho cercato di legare le ali al mio spirito, di non pensare più, ma non era facile. Vedevo il viso di mia madre davanti ai miei occhi. E pensavo: “Alhassane sarà partito in una notte come questa”. Il mare è molto vasto, come la notte. Ma la notte, se aspetti un po’, ti lascia su una riva, e allora è giorno, viene la luce. Si vede di nuovo tutta la vastità del mare, e pensi, impossible.”




Almanacchi

Stanotte arriva la Befana. Se qualcuno domani  ti chiederà cosa ti ha portato la vecchietta con le scarpe rotte non rispondere con la  metonimia o il disfemismo napoletani (non so bene di quale figura retorica si tratta) della parola “niente“. Rischi come risposta la salace battuta che imparai dal vecchio dottore Luca Alfieri qui a destra nella foto e che potete vedere meglio su porticando.it.

Epifania tutte le feste porta via ed inoltre sembra che riempa le calze sempre di più con scadente carbone non adatto nemmeno per il riscaldamento; mestamente studenti e professori tornano nelle scuole; le decisioni e le incombenze che avevamo rimandatte all’anno nuovo ci attendono impazienti; si riprendono le solite abitudini e soprattutto rientrano prepotentemente nelle nostre case, nelle nostre menti e nei nostri cuori le insopportabili e sempre più numerose notizie e immagini di morte, di fame, di crudeltà e di disumanità.

Da molto tempo non ho più la presuntuosa idea di poter cambiare qualcosa se non me stesso: il mio emisfero sinistro (o quello destro?) mi dice che nemmeno questo anno potrò acquistare all’angolo di una strada un ombrello capace di proteggermi dalle piogge acide  che ci attendono.

Ma c’è ancora un po’ di cera ed è ancora accesa, anche se tremolante, la speranza  di poter incontrare, come Leopardi,  un onesto venditore di almanacchi se ancora ce ne sono.

Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere

Venditore: Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?
Passeggere: Almanacchi per l’anno nuovo?
Venditore: Sì signore.
Passeggere: Credete che sarà felice quest’anno nuovo?
Venditore: Oh illustrissimo sì, certo.

Passeggere: Come quest’anno passato?
Venditore: Più più assai.
Passeggere: Come quello di là?
Venditore: Più più, illustrissimo.
Passeggere: Ma come qual altro? Non vi piacerebb’egli che l’anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?
Venditore: Signor no, non mi piacerebbe.
Passeggere: Quanti anni nuovi sono passati da che voi vendete almanacchi?
Venditore: Saranno vent’anni, illustrissimo.
Passeggere: A quale di cotesti vent’anni vorreste che somigliasse l’anno venturo?
Venditore: Io? non saprei.
Passeggere: Non vi ricordate di nessun anno in particolare, che vi paresse felice?
Venditore: No in verità, illustrissimo.
Passeggere: E pure la vita è una cosa bella. Non è vero?
Venditore: Cotesto si sa.
Passeggere: Non tornereste voi a vivere cotesti vent’anni, e anche tutto il tempo passato, cominciando da che nasceste?
Venditore: Eh, caro signore, piacesse a Dio che si potesse.
Passeggere: Ma se aveste a rifare la vita che avete fatta né più né meno, con tutti i piaceri e i dispiaceri che avete passati?
Venditore: Cotesto non vorrei.
Passeggere: Oh che altra vita vorreste rifare? la vita ch’ho fatta io, o quella del principe, o di chi altro? O non credete che io, e che il principe, e che chiunque altro, risponderebbe come voi per l’appunto; e che avendo a rifare la stessa vita che avesse fatta, nessuno vorrebbe tornare indietro?
Venditore: Lo credo cotesto.
Passeggere: Né anche voi tornereste indietro con questo patto, non potendo in altro modo?
Venditore
: Signor no davvero, non tornerei.
Passeggere: Oh che vita vorreste voi dunque?
Venditore: Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz’altri patti.
Passeggere: Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell’anno nuovo?
Venditore: Appunto.
Passeggere
: Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest’anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d’opinione che sia stato più o di più peso il male che gli è toccato, che il bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?
Venditore: Speriamo.
Passeggere: Dunque mostratemi l’almanacco più bello che avete.
Venditore: Ecco, illustrissimo. Cotesto vale trenta soldi.
Passeggere: Ecco trenta soldi.
Venditore: Grazie, illustrissimo: a rivederla. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi.




OROSCOPO 2024

Cum annus octingentos et undenos occurrat et non obliviscatur patris sui tunc astra ipsa sunt. noli prodere nec alibi quaerere. Nam sortis nomen est. (incisione su una colonna presso Praga)

Questa la traduzione: Quando l’anno si incontra con l’otto e con l’undici e non dimentica il padre allora le stelle sono se stesse; non tradirle né cercare altrove. Il loro nome è il tuo destino.

Chiaramente l’iscrizione si riferisce al prossimo anno il 2024 in quanto
                2024 = 11x8x23
Dove 23 è il padre cioè l’anno precedente.

Ho inviato questa mia interpretazione al mio amico Pavel K. studioso di esoterismo che ogni hanno mi scrive l’oroscopo predicendo cose che quasi sempre si avverano (naturalmente mi parla solo delle cose buone).

Mi ha risposto che conosce questo reperto e condivide la mia lettura ed in particolare sostiene che nel prossimo anno tutti dovrebbere ubbidire a quanto suggerito dai nomi delle proprie costellazioni e ha scritto questi brevi oroscopi.

ARIETE: muoviti con decisione, soprattutto in casa e fingendo di urtarli rompi pure tutti gli oggetti dei quali da tanti anni vorresti liberarti ma qualche familiare te lo ha sempre impedito;

TORO: Sei fortunato perché in giro non si vede più nessuna bandiera o muleta rossa; ma attento anche ai drappi neri dietro i quali si nascondono spade molto pericolose;

GEMELLI:  se hai un fratello o una sorella che ti assomiglia e ha un patrimonio migliore del tuo  proponigli di unire le vostre ricchezze, se hai un fratello o una sorella che ti fa questa proposta rifiuta l’offerta;

CANCRO: sei un granchio e sarai molto a tuo agio in questa città che cammina all’indietro come te;

LEONE: se sei uomo sappi che comandano le leonesse e non le innervosire, se sei donna impara a ruggire;

VERGINE: se non sei monaco o monaca cerca di cambiare segno (se già non lo hai fatto);

BILANCIA: qualche volta sarà necessario che tu usi pesi truccati nei rapporti con le persone. Spesso gli altri lo fanno con te. Attento/a a non sbilanciarti troppo nei giudizi e nelle relazioni;

SCORPIONE: riserva il tuo veleno alle persone che lo meritano e attento/a alle scope.

SAGITTARIO: cerca  di scagliare frecce senza punta, ma frecciate appuntite quando ce ne sarà bisogno.

CAPRICORNO: attento/a a comprare le scarpe giuste o a comprare nuovi pneumatici, ti sarà più facile suonare il flauto o il clacson camminando sui sentieri pieni di buche (soprattutto quelli dei villaggi della tua città);

ACQUARIO: non dimenticare di chiudere i rubinetti quando esci di casa  e per migliorarti concediti un viaggio a Genova o a Valencia, ma attento/a ai pescecani;

PESCI: cerca di parlare poco e muoviti sottacqua perché l’anno sarà pieno  di ami tentatori.




Natalino

Mi è sempre piaciuto il Natale forse per il bisogno di ricaricarmi per affrontare dopo una settimana quello che per me è sempre stato il giorno più difficile: l’1 Gennaio, il primo dell’anno che nella realtà non lo è per noi occidentali perché  qui  l’anno  nuovo inizia il primo settembre. A Capodanno i nostri propositi e progetti di cambiamento settembrini si sono già rivelati azzardati e presuntuosi;  siamo troppo infreddoliti nell’animo e nel corpo per pensare veramente a nuovi noi stessi ed è più facile, passato il brindisi di mezzanotte, essere tentati da un bilancio nel quale fanno da  padroni i tristi avvenimenti  di questo mondo, le perdite degli affetti, le delusioni, le piccole e grandi paure ed incertezze.

Ma torniamo a Natale, a questo momento di sospensione della realtà in cui, a meno di situazioni di sofferenze non eludibili,  lo scorrere del tempo sembra non riguardarci; passato e presente si amalgamano nella dolcezza degli struffoli, nelle cantilene dei numeri chiamati nella tombola; anche se il suono delle ciaramelle diventa sempre più debole e coperto dal frastuono dei clacson e dal rumore dei registratori di cassa, mi fa piacere questo dominio del ROSSO, colore pressocché  sparito dalla pratica politica e sociale (naturalmente faccio finta di non sapere che il merito è della coca cola).

Però… però c’è sempre qualche stridore metallico, auguri whatsappiani e facebookiani che ti arrivano da amici dell’etere che se li incontri per strada non saluti nemmeno perché non li riconosci, messaggi impersonali inviati a 100 e più persone semplicemente premendo il tasto invio come se l’animo umano avesse ormai sede nella punta del dito indice.

Ho inviato ad un mio amico di cui non faccio il nome una mail con un piccolo mio disegno come augurio di Natale e dopo qualche ora il cicalio di notifica del mio cellulare mi ha fatto scoprire che un’altra persona, che appena conosco ma di cui ho il numero di telefono, mi aveva inviato come augurio questo mio stesso disegno! Si riciclano non solo  i regali di Natale, ma anche i messaggi di buone feste!

Questo episodio mi ha fatto ricordare il divertente racconto di Gigino Gravagnuolo che parlava di quando era ragazzo ed a casa sua era arrivato un agnellino come dono di qualcuno. Fermamente decisi a non ammazzarlo lui e suoi fratelli avevano costretto i genitori a regararlo a qualcun altro…solo che dopo due giorni bussarono alla porta ed un commesso consegnò di nuovo la stessa bestiola con lo stesso nastro e nello stesso cesto questa volta però a nome di una terza persona. Chissà quante case cavesi aveva visitato l’animaletto!

Comunque buon Natale a chi ha letto questo post.

P.S. Come antidoto agli eccessi natalizi ho letto in questi giorni questo divertente libro di John Grisham

Come al solito se volete dare un’occhiata prima di comprarlo potete farlo qui.

https://nuvola.porticando.eu/s/E5Qext3P7mcgKAS




Napoli Milionaria

Ieri sera ho visto il film Napoli Milionaria su RAI1, una trasmissione scorrevole e non noiosa, ma terminata la proiezione ho sentito il bisogno di rividere la ripresa televisiva della commedia originale da ieri disponibile su rai play insieme con tutto il teatro di Eduardo.
E mentre sullo schermo scorrevano le immagini dell’opera teatrale ho capito perché avevo sentito la necessità di rividerla.

Sensa nulla togliere alla pur meritevole traduzione cinematografica vi dico quel che penso.

Vanessa Scalera e Massimiliano Gallo sono due ottimi attori, ma qui come nella serie di Imma Tataranni tendono o sono invitati dai registi ad esasperare le caratteristiche dei personaggi che interpetrano: troppe lacrime per Amalia, troppo remissivo Gennaro; Amalia che fa i dispetti a Vicenzina,  Gennaro che smette di fare il morto quando si parla del formaggio o pronuncia gli ora pro nobis sul finto letto di morte appena il brigadiere (con il fucile a tracolla) gira la testa quasi a penderlo in giro sono elementi macchiettistici che cercano in qualche modo di dare sprazzi di commedia al film che invece per il resto ne è privo.

Anche commedia   è invece a pieno l’opera originale nella quale i momenti leggeri ed esilaranti sono frutto della ricchezza dei dialoghi (per esempio il colloquio con il compare ladro del figlio) o di personaggi come Assunta, praticamente assente ieri sera.
Purtroppo la moltiplicazione degli ambienti nei quali  si sviluppa il film e l’inserimento di scene del tutto assenti nell’originale hanno gioco forza portato alla cancellazione o al ridimensionamento, se non all’incomprensione di dialoghi fondamentali nell’equilibrio della storia.
Una cosa è un film, un’altra e il teatro dove l’unità di tempo, di luogo e di azione codificata da Aristotele è rispetttata da Eduardo (stesso  ambiente,il basso; ogni atto si esaurisce nell’arco di una giornata ) lungi da essere dei limiti sono i parametri guida per la genialità di De Filippo.

Ed infine mi pare che il film sia troppo atemporale (non c’è una sola volta nei dialoghi la parola fascista), poca coralità (per esempio, eliminazione del dialogo fra Maria Rosaria e le sue amiche sostituito dalle scene di una festa di ballo). Scene francamente superflue come quelle della ricerca della pennicillina da parte di Amalia tendenti a sottolineare la drammacità del momento che invece nel teatro viene resa più efficaciamente dalla lunga assenza  di Regina Bianchi sulla scena.

Comunque il film è più che decoroso ed ha il grande merito di sottolineare la forte attualità di Eduardo in questi tempi in cui la quantità  dei fogli di mille lire è sempre di più la pseudo-misura della qualità della vita.
Bellissima ed emozionante la canzone di Pino Daniele sui titoli di coda.
Insomma, se non lo avete ancora visto fatelo….ma poi….anche Eduardo.




Santa Lucia…. e luce fu!

Non ce ne accorgeremo facilmente , ma qualcosa oggi cambia nel cielo: Il tramonto, l’ora che volge il disio ai navicanti entenerisce il core, inizia a spostarsi in avanti.

Brutta notizia per chi ama la notte, buone nuove per chi è amico del sole.

Per qualcuno la felicità arriva su un treno di notte

per altri è il sole a conciliarli con il mondo

Se Notte e Giorno si presentassero alle elezioni non saprei per chi votare…non so voi. Comunque, per essere imparziale, questo post l’ho scritto all’alba.

Ecco comunque una poesia per ognuno dei due partiti:




Astro del Ciel

Natale è già nell’aria, nella rossa e zuccherata merce dei negozi alimentari, nelle vetrine calamitate dei negozi di vestiti o di regali di qualsiasi genere, nei panettoni che più costano più sono buoni, nel suono delle sempre più rare ciaramelle ma anche nella nostra mente e nel nostro animo perché, se  i mercanti hanno urgenza di realizzare i guadagni sperati, anche  quanti di noi hanno attraversato un periodo difficile dovuto a guerre, a cinismo e brutalità diffusi, a perdite incolmabili di affetti, a delusioni, a stanchezza, ad indifferenza, a confusione  hanno premura di trascorrere qualche giorno più pacato indipendentemente dal volerlo passare nel proprio silenzio o in compagnia di altri.

Come si sa i giorni che adesso dedichiamo al Natale,  prima del cristianesimo, e forse ancora ora in qualche parte del mondo, erano dedicati  al periodo  in cui  Notte, stanca della sua corsa, comincia a cedere le sue ore a Giorno, anche se in maniera disordinata: prima arretrando di qualche minuto ogni sera a partire dal dì di Santa Lucia, ma continuando fino  al 22 dicembre ad aumentare la sua durata complessiva, e  poi arrendendosi definitivamente  intorno alla epifania ritraendosi  da quel momento sempre di più anche di mattina. Non so se mi sarebbe piaciuta più quel tipo di festa o l’atmosfera natalizia moderna; se pure appesantito dalla a volte insopportabile frenesia della spesa e del consumo, oggi Il Natale ci rende, nelle situazioni e nelle comunità dove non sono di casa tragedie e drammi corali o individuali, piu indulgenti verso noi stessi e perciò anche verso gli altri; almeno per i 7 giorni dal 25 al 1 Gennaio.

Lascio decidere a  Pavel Kuzko che scrisse:

“Il tempo è nato insieme allo spazio e con lui, se mai, finirà. In questo spaziotempo, dalla immensità enermemente più grande di ogni nostra comprensione,  la luce ed  il calore di infinite, smisurate stelle hanno permesso che nascesse qui e là  la vita.  Per la frazione di qualche infinitesimo decennio qualcuno, certo non tutti,  ha  avuto in dono la possibilità di accendere la sua piccola stella filante. Poca cosa questo breve scintillio di fronte allo splendore degli astri che quasi mai  si stancano di accompagnarci.

Perciò  l’unico modo per dargli senso e rilevanza è quello di farla brillare insieme a quelle degli altri. Forse così faremo un po’ di chiarore dentro di noi nei momenti  in cui non  basterà ad orientarci  la luce di fratello Sole  e sorella Luna; e forse potremo dare una piccola speranza di luce a quanti non hanno il fiammifero per dar vita  alla propria”

Poi, naturalmente, se invece di perderti nelle metafore di Pavel Kuzko vuoi conoscere una diversa interpetrazione di Babbo Natale potrai sempre trascorrere le serate natalizie leggendo le lucide ed incalzanti pagine di questo saggio di Claude Levi-Strauss

che puoi regalarti per Natale; (se vuoi dare prima un’occhiata, per pochi giorni ecco il link: https://www.porticando.it/Babbo-Natale-Giustiziato.pdf ) Ti farai un grande dono e forse ti aiuterà a scegliere qualche regalo di Natale per i tuoi cari le tue amiche e i tuoi amici.




Fuggire

Di questi tempi la fuga è l’unico mezzo per continuare a sognare.
(Jim Morrison)

Erano forse diecimila le notti che aveva passato sulla barca, aggredito dal buio umido del mare a malapena contrastato dalla lampada posta a prua del suo peschereccio.

Troppe! All’alba, Stavros, tornato a reti vuote nel porticciolo del suo villaggio Άγιος Νικόλαος nella provincia di βολος, raccolse poche cose in una bisaccia, comprò del pane e caricatosi un remo sulle spalle cominciò a camminare verso l’interno. Percorse sentieri e strade di pianura e di montagna fermandosi solo per rifocillarsi, per riposarsi o per dormire sotto le stelle; nei primi giorni del suo viaggio nessuno badò al remo che portava in spalla; poi, mentre procedeva sempre di più verso l’interno, la gente iniziò a domandargli a che cosa gli servisse quel remo così lontano dal mare…ma Stavros si limitiva a rispondere con un sorriso e senza fermarsi continuava d andare avanti.

Un giorno capito in un piccolo villaggio di montagna vicino al confine con la Macedonia e quando da un uomo ed una giovane donna si senti dire: ”A che cosa serve quezzo pezzo di legno con questa strana forma?” piantò il remo in terrà e rispose: ”E’ il primo pezzo della mia nuova casa!”.

Sempre più spesso penso di trascorrere quel che resta della mia vità in un luogo dove se dicessi che vengo dall’Italia le persone mi chiederebbe: “Ma dove si trova questo paese che tu chiami Italia? Esiste veramente?”




Sogni