Viaggi librari:”La musica è leggera” di Luigi Manconi

A molti amici più o meno miei coetanei ho già consigliato questo libro per me da gustare per intero;  ma anche chi non è interessato ad alcuni capitoli e però ha vissuto da ventenne o trentenne gli anni 60, gli anni 70 e perché no gli anni 80, potrà ritrovare nella pagine di Manconi le emozioni giovanili, riascoltare anche senza sentirle le canzoni di quelli anni e leggere del ruolo che anno avuto Paoli, Modugno, Iannacci, Gaber, Dalla, De Gregori, Venditti, Califano, Battisti, Celentano, De André, Battiato, Bennato, Guccini, Conte e tanti altri nella storia della musica pop e non solo.
Ma oltre ad acute e leggère considerazioni e piacevoli intuizioni sulla musica italiana nell’ultimo cinquantennio  e  ricordi di incontri con cantanti e musicisti , in “La musica è leggera” è facile trovare altro.

Non voglio farla lunga e perciò mi limito a riportare il  passo che conclude la pagina dedicata a Titanic di De Gregori che anche io, come l’autore del libro considero la sua  opera migliore, più emozionante e più persistente nei meandri della mia memoria.

Generalmente sono di pelle scura. Molti puzzano perché tengono lo stesso vestito per settimane. Si costruiscono baracche nelle periferie. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Parlano lingue incomprensibili, forse antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina, spesso davanti alle chiese donne e uomini anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti». E ancora: «Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra loro.

Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano sia perché poco attraenti e selvatici sia perché è voce diffusa di stupri consumati quando le donne tornano dal lavoro. I governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali Rapporto dell’Ispettorato americano per l’immigrazione del 1912 riferito agli Italiani.

Titanic



Mai ritornare sulle proprie scelte televisive!

Sono un assiduo lettore di libri gialli e ho acquistato nel tempo i libri di Cristina Cassar Scalia ambientati a Catania con protagonista la vicequestore Vanina Guarrasi. Ieri mattina sfogliando il giornale apprendo che Mediaset ne ha realizzato la trasposizione televisiva.
Per un’antica idiosincrasia per tutto quello che emanava da Berlusconi, molto, ma molto raramente, e solo con qualche piccola eccezione, negli anni ho pigiato sul mio telecomando i tasti dal 4 al 6.
Ma avendo letto con piacere i romanzi di questa autrice, soprattutto i primi due, mi sono infilato con qualche perplessità nell’app Infinity ed ho visto il primo filmato. Quel che temevo è successo.
Delusione totale!
La vivacità e i ghirigori della vita catanese completamente scomparsi e ridotti alla differenza fra arancino e arancina. Cancellate figure fondamentali come l’ex commisario Patanè, Bettina padrona di casa di Vanina, il vicecommissario Fragapane.
La riduzione a macchietta di alcuni personaggi.

E poi, non si sa bene perché, si comincia dal settimo romanzo della Scalia, sacrificando perciò l’approfondimento e l’evolversi dei rapporti umani lungo il susseguirsi dei racconti pubblicati e buttando all’aria il filo della storia familiare, amorosa e amicale della Guerrasi.
O forse la scelta di cominciare dal delitto del gelataio è legata al fatto che nel volume di riferimento non compaiano problematiche sociali né aspetti dei meccanismi di potere della provincia siciliana.
Ed infine i vezzi, le contraddizioni, le pulsioni, il rammarico, il peregrinare mentale della protagonista ridotti a piccole note di colore.
Personaggi e ambientazione piatti!

Quello che mi immalinconisce, e forse mi impedirà di leggere eventuali altri libri della Scalia è il pensiero di come una pur brava scrittrice possa permettere tale svilimento delle sue pagine ricche di brio e vitalità, per amore del successo televisivo e di tutto quello che questo comporta in termini di ritorno economico e notorietà. Purtroppo non è la prima!

SE NE SCONSIGLIA LA VISIONE SOPRATTUTTO A CHI HA LETTO I ROMANZI.

Mi consola il pensiero, però, della mia giusta diffidenza verso Mediaset.
Cassar Scalia sicuramente pensa che la televisione le farà vendere più libri, ma una cosa è certa: un lettore lo ha perso di sicuro!




Un viaggio con il sottomarino del “Comandante”

“Perché siamo italiani!” la frase finale di Favino nel film Comandante ha suscitato le stroncature di tanti giornalisti, critici ed  intellettuali soprattutto, purtroppo, sul giornale Il Manifesto e anche in parte sul Fatto Quotidiano.
Come se fosse il pensiero del regista De Angelis e non il modo per il protagonista di rifiutare il ruolo di eroe, di non sentirsi l’unico Sisifo costretto a portare  faticosamente su e giù il suo amor patrio senza riuscire a liberarlo dal pesante fardello  della retorica fascista e della guerra  che gli impedisce oltretutto di abbandonarsi alla sensualità e alla serenità della vita familiare.
Guardando il film sono ancor diventate più vivide nella mia mente le immagini dei fatiscenti barconi degli emigranti in balia delle onde del mediterraneo e (ce n’è sempre bisogno) la consapevolezza della spietatezza di ogni guerra in cui l’umanità per sopravvivere deve vestirsi da palombaro.

Ma forse anche il Carlo Panzella degli anni 70 avrebbe parlato male di questo film.

Marx Mandel Maitan

Marx, Mandel e Maitan mi avevano dato gli strumenti per capire e cercare di combattere le nefandezze del capitale e la lucidità delle loro analisi ancora oggi sono una piccola torcia per orientarmi nel buio sempre più cupo di questo mondo. Ma  il rischio era sempre di guardare un film a colori sul televisore in bianco e nero e giudicare un nuovo film, un nuovo libro, i comportamenti e le idee delle persone con uno schema estremamente bipolare: o di qua o di là. Per nostra fortuna la responsabilità verso gli operai e gli studenti cavesi e la nostra vita associativa giovenile ci impedivano di diventare estremisti censori, ciò nonostante, per esempio, coprimmo di foglie gialle l’affetto verso persone per esempio come Bruno, buono e generoso, sol perché era di destra. Con il tempo mi sono convinto che la palla al piede della sinistra europea è stata la sua impronta leninista: la miope ed ideologica scelta di Lenin di mettere alla guida della rivoluzione russa il partito bolscevico e non i soviet.

Salvatore Todaro

Ecco, stroncare un film come “Comandante” ed esaltare in maniera spropositata innocui film pur godibilissimi ma dei quali non vale la pena di parlare con nessuno, mi sembra l’avvelenato frutto della malattia del togliattismo-stalinismo  di cui da sempre è purtroppo è vittima buona parte della sinistra italiana (non parlo ovviamente del PD che considero un confuso  partito di centro più o meno simile alla fu sinistra democristiana), la maggior parte di quella che scrive sui giornali, quella dei partitini pulviscolo, quella che gironzola per le stanze delle televisioni; il fascismo si combatte sì con l’intransigenza e con la lotta politica ma non con la sottovalutazione delle emozioni, dei sentimenti popolari e delle contraddizioni del vivere quotidiano.
Naturalmente becera mi sembra la lettura dei giornalisti di destra ai quali la parola Italiani provoca orgasmo chiunque la pronunci. Ma su loro non voglio infierire più di tanto, voglio solo aggiungere che mi fanno ricordare il mio amico S. che raccontava che quando era ragazzino bastava che leggesse una frase tipo “Ella entrò nella stanza” per eccitarsi , e penso perciò che Meloni dovrebbe sentirsi responsabile delle loro masturbazioni mentali.

P.S. Spero che a tanti critici un po’ spocchiosi sia perlomeno piaciuta la lunga  e strabiliante citazione dei piatti della cucina italiana sui titoli di coda.  




Viaggi

Avrei voluto organizzare il caffè della valigia, ma fra impegni vari e disponibilità delle persone non è stato possibile;
avremo modo di incontrarci, però il blog già da segni di impazienza e perciò……..
……L’altra sera ho incontrato Angela e ho avuto la riprova che la sua valigia non riposa mai; appena ritornata dall’Argentina è ora in partenza per l’Andalusia ed allora ho pensato che dopo aver preparato le nostre valigie potremmo partire anche noi.
Una viaggio reale verso nuove mete o un ritorno verso terre già visitate, un gita fuori porta nelle pagine di un libro, una escursione fra le scene di un film, una toccata e fuga nelle terre dei desideri…. purché sia o sia  stato anche un vagabondare nella propria mente o un pellegrinaggio nel proprio animo.

Potremmo dire: “Dimmi dove sei stato e ti dirò chi sei”

Inizio io proprio con l’Andalusia riportando qui un ricordo che ho già condiviso con qualcuno di voi.

Cordoba 8,30 del mattino

In un giorno di fine settembre, insieme a silenziose persone assonnate come noi ci immergiamo, senza noiose file, nell’immensità della Mezquita, qui a Córdoba.
Per vetusta decisione del dittatore Franco, la Spagna ha dagli anni ‘30 la stessa ora della Germania e quindi anche dell’Italia e perciò il sole è ancora sonnacchioso e fa fatica, ma forse non ne ha voglia, a farsi largo fra le vetrate colorate.
La luce è timida e soffusa e gli orpelli cristiani, che alla maniera spagnola occupano chiassosamente le pareti di quella che fu la più maestosa moschea europea, sono ancora silenziosi e non offensivi per i nostri sguardi affamati di armonia.
L’ora mattutina rende un po’ pigri i visitatori che evitano di congelare troppo le emozioni e perciò pochi sono gli scatti fotografici e rari i selfie distruttivi della commozione.
Le innumerevoli colonne e gli archi rossi e bianchi intrappolano lo spazio e rallentano i minuti invitandoti ad un peregrinare randomatico in un gioco di cangianti visioni ottiche e mentali e di alterazioni del tempo.
Schiere geometriche di prospettive ti vengono incontro e ad ogni passo fra questi guardiani dell’anima, che ora ti invitano ad un percorso lineare ora ti suggeriscono nuovi angoli da esplorare, ti ammanti di ovattata leggerezza e ti sembra di percepire sempre di più un rassicurante profumo spirituale di infinito.

Ho rivisitato qualche giorno fa l’Alhambra che era stata per me il motivo principale del mio primo viaggio in Andalusia. Se la Mezquita è nutrimento per l’anima, Granada fu, la prima volta, il nutrimento della mente, il paradiso dei matematici, il regno palese e nascosto della Geometria. Non è stato così in questo viaggio. Sparita la curiosità e la ricerca delle simmetrie nei pavimenti e nelle pareti, non è bastato lo stupore per i giochi perfetti dell’acqua e della luce a dare vivacità a quella giornata e ne sono uscito stanco e un po’ deluso.
Eravamo in quattro , ma la visita viene fatta necessariamente insieme a centinaia di persone che lentamente in una sorta di sincronizzazione finiscono per imporre ai tuoi passi e ai tempi dell’anima il ritmo standard e spersonalizzato dei viaggi organizzati. Naturalmente questo vale solo per me che nella disorganizzazione mi trovo in genere molto bene.

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P.S. per quanti hanno scritto sulla valigia. Ho raccolto  i  vostri racconti in libricino e lo ho pubblicato su Amazon dove sarà disponibile fra qualche giorno. Ne prenderò tre copie che donerò ai primi tre di voi che incontrerò per strada. Gli altri se vorranno potranno acquistarlo su Amazon al prezzo di 5,5 Euro prezzo imposto da Amazon, con un accredito per me di ben 15 centesimi.

Ecco la copertina




Carlo: Insopportabile acufene

Il mio amico Goti che soffre di un coriaceo acufene mi dice sempre che il silenzio è il più temibile alleato di questo disturbo. Ascoltare la musica, stare in compagnia di familiari ed amici, vedere un buon film è come rifugiarsi sotto una campana di vetro che tiene fuori l’acuta monotonia del tinnito.

Succede a me, come a tanti altri, una cosa simile.

Se sto con Anna, con Lucia , con Rosaria, se mi faccio riscaldare dal calore dell’amicizia, se mi immergo nella lettura di un libro, se ad  accarezzarmi le orecchie sono  le mie canzoni preferite, se i miei occhi si perdono in immagini e scene accattivanti, se mi misuro con un problema di matematica o con una sfida a scacchi, se esco per una passeggiata nel verde, se dedico le mie ore a questo blog, se sono in viaggio o lo sto organizzando… ecco che i rumori sordi del mondo si attenuano fino qualche volta a scomparire quasi del tutto. La pace e la serenità nel mondo sono diventate rarissime , ma in questi momenti riesco a percepire,  anche se ovattato, il profumo della tranquillità interiore.
Ma le guerre, la merce, la miseria, la miopia e gli interessi, la crudeltà, l’arroganza, i bambini e le donne massacrati, le bombe, i soldi sporchi di sangue sono testardamente lì fuori e riescono sempre come un cavallo di Troia a penetrare nella mia mente anche se non leggo i giornali, anche se non accendo la tv. Appena alzo gli occhi il panorama grigio , spietato e doloroso mi appare immodificabile, anzi sempre più cupo e più nero.

Uguaglianza, libertà, fraternità, dignità come fede, speranza e carità sono ormai solo parole sempre più desuete e prive di forza.
Oscar Wilde diceva di essere socialista perché vedere la sofferenza degli ultimi gli impediva di vivere come individuo libero.  A me oggi la brutalità di questo mondo induce solo un senso di impotenza, di inadeguetezza ed i momenti anche gioiosi e leggeri della giornata sono sempre appoggiati su una amara vellutata di erbe indigeste.

Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io
fossimo presi per incantamento
e messi in un vasel, ch’ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio;
sì che fortuna od altro tempo rio
non ci potesse dare impedimento,
anzi, vivendo sempre in un talento,
di stare insieme crescesse ’l disio.
E monna Vanna e monna Lagia poi
con quella ch’è sul numer de le trenta
con noi ponesse il buono incantatore:

e quivi ragionar sempre d’amore,
e ciascuna di lor fosse contenta,
sì come i’ credo che saremmo noi

Ma credo che non ci siano, se mai siano esistiti, approdi  o buoni venti per  questo vasel nel quale caricare le valigie mie e di altri trenta,  come sembrano non esserci per quanti, molto ma molto meno privilegiati di me, cercano di fuggire  dalla  miseria e dalle mitragliatrici su affollatissimi barconi con i loro bagagli di emigranti di cui parla Enzo. Per tanti di loro solo la morte  e la  spietata insensibilità di chi potrebbe e dovrebbe accoglierli ma reagisce  come il satollo riccone che, uscendo dal ristorante, al  mendicante che chiedeva l’elemosina perché aveva fame,  rispose “Beato te, io mo sto schiattando!”.

Il buon papa Francesco dice “Siamo tutti fratelli”.  No!  Su questo non sono d’accordo.   Quel satollo signore come tutti quelli come lui non sono miei fratelli; un tempo avevo creduto di poter svuotare le loro valigie e distribuirne il contenuto ora mi accontenterei di  poterne fuggire  lontano in un luogo per liberarmi dell’acufene che ogni giorno mi tormenta con l’insopportabile rumore delle loro falsità, della  loro ipocrisia e dei  loro non 7 ma 700 vizi capitali; ma l’isola che non c’è purtroppo veramente non c’è .




Poesia di Angelo Fadini

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Su Ulisseonline un’ intervista su come vedo il futuro di Cava

https://www.ulisseonline.it/primopiano/




Antonello




La mia valigia

Nel piacevole rendez-vouz del caffé della solitudine abbiamo pensato di scrivere su:
“Quasi ogni giorno e quasi ogni notte partiamo per un nuovo viaggio per paesi mentali e fisici più o meno lontani, a noi già noti o mai visitati. Cosa c’è nella tua valigia?”

Facci sapere!

Battisti: si viaggiare
Ligabue: il peso della valigia