27 Gennaio

Non basta lo spietato tentativo da parte di Netanyahu di distruggere il diritto stesso dei palestinesi ad essere un popolo per farmi dimenticare le scene di migliaia e migliaia di ebrei stipati in carri bestiame e condotti al macello.
Non basta la brutale occupazione di Gaza a farmi dimenticare l’immane tragedia di milioni di ebrei ed ebree di ogni età ridotti in cenere.
Ma non basta il ricordo dei raccapriccianti crimini nazisti contro centinaia di migliaia di uomini colpevoli solo della loro religione e della loro appartenenza al popolo isralelitico a coprire le immagini dei corpi di donne e bambini  palestinesi dilianati dalle  bombe  e  dalle mitragliatrici.
E perciò nel giorno della memoria voglio riportare questa poesia del poeta palestinese Mahmoud Darwish ma che potrebbe essere stata scritta da un poeta di qualsiasi popolo oppresso

PENSA AGLI ALTRI

 Mentre prepari la tua colazione, pensa agli altri,
non dimenticare il cibo delle colombe.
Mentre fai le tue guerre, pensa agli altri,
non dimenticare coloro che chiedono la pace.
Mentre paghi la bolletta dell’acqua, pensa agli altri,
coloro che mungono le nuvole.
Mentre stai per tornare a casa, casa tua, pensa agli altri,
non dimenticare i popoli delle tende.
Mentre dormi contando i pianeti , pensa agli altri,
coloro che non trovano un posto dove dormire.
Mentre liberi te stesso con le metafore, pensa agli altri,
coloro che hanno perso il diritto di esprimersi.
Mentre pensi agli altri, quelli lontani, pensa a te stesso,
e di’: magari fossi una candela in mezzo al buio.

Per quel che mi riguarda, mi basterebbe riuscire ad essere un fugace fiammifero in mezzo al buio….




Fratellino

Ho ascoltato il Papa da Fazio. Sono abbastanza indifferente al diritto di autore e non ho remore a leggere libri digitali gratuitamente, ma “Fratellino” il libro di cui ha parlato Francesco, lo ho comprato ed ho iniziato a leggerlo. Un piccolissimo lenimento per la mia mente contro la sensazione di impotenza che provo di fronte alle immani tragedie di questo mondo.

Questo avevo scritto ieri notte.
Stamattina lo ho letto tutto: le traversie di Ibrahima un ragazzo guineano che parte alla ricerca del suo fratellino, attraversa deserti di sabbia e desolati ed aridi sentieri mentali, fino ad imbarcarsi su un gommone per la Spagna dopo anni segnati dalle torture, dalla fame, dallo sfruttamento, dalla disumanità dei trafficanti di anime e dalla solidarietà dei disperati suoi simili.
Potremmo parlare anche di un drammatico percorso di formazione. Ibrahima partito con una sorta di forzato ottimismo giovanile alla ricerca di Alhassane diventerà uomo attraversando il vuoto del Malì, l’inferno della Libia, la dura e clandestina vita di straniero nelle terre dell’Algeria e del Marocco pagati dall’Europa per reprimere e dove, come spesso accade, a salvarlo dalla brutalità dello stato,dai commercianti di anime e dagli approfittatori della misera, è l’incontro con i suoi simili.
Ma il libro non è solo questo; due ore di pagine nelle quali fra fili spinati, repressioni poliziesche, minacce di morte traspare la profonda umanità e direi saggezza degli ultimi.
Riporto qui alcune frase dettate da Ibrahima, analfabeta, a chi ha messo su carta il suo racconto.

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Tu sei in un angolo, seduto per terra, o sdraiato. Il terreno è di sabbia e una volta al giorno passano con una pentola. Tu devi allungare il braccio e aprire bene la mano, così, perché ti buttano il cibo come ai cani. Ma a volte il cibo è bollente e ti brucia la carne della mano. Allora lo lasci cadere per terra e resti senza mangiare. Domani passeranno di nuovo, alla stessa ora, allo stesso modo.”
….

“Per lavorare nel commercio è molto importante avere un cuore piccolo. Questo non è un difetto, è una virtù, ma non tutti possono farlo. Forse poco a poco si impara, non lo so, io non ci ho mai provato.”
….

Abbiamo passato tutta la notte alla deriva, in mezzo al mare. La gente ha iniziato a piangere, soprattutto le donne, ma non solo loro, anche il capitano. Era senegalese. Io non so chi l’ha nominato capo della spedizione. Aveva detto che conosceva il mare, ma un capitano ha bisogno di più forza nel cuore, deve dimostrare che è il più coraggioso, invece quello piangeva come un bambino. Così è difficile arrivare in Europa. Io ho cercato di legare le ali al mio spirito, di non pensare più, ma non era facile. Vedevo il viso di mia madre davanti ai miei occhi. E pensavo: “Alhassane sarà partito in una notte come questa”. Il mare è molto vasto, come la notte. Ma la notte, se aspetti un po’, ti lascia su una riva, e allora è giorno, viene la luce. Si vede di nuovo tutta la vastità del mare, e pensi, impossible.”




OROSCOPO 2024

Cum annus octingentos et undenos occurrat et non obliviscatur patris sui tunc astra ipsa sunt. noli prodere nec alibi quaerere. Nam sortis nomen est. (incisione su una colonna presso Praga)

Questa la traduzione: Quando l’anno si incontra con l’otto e con l’undici e non dimentica il padre allora le stelle sono se stesse; non tradirle né cercare altrove. Il loro nome è il tuo destino.

Chiaramente l’iscrizione si riferisce al prossimo anno il 2024 in quanto
                2024 = 11x8x23
Dove 23 è il padre cioè l’anno precedente.

Ho inviato questa mia interpretazione al mio amico Pavel K. studioso di esoterismo che ogni hanno mi scrive l’oroscopo predicendo cose che quasi sempre si avverano (naturalmente mi parla solo delle cose buone).

Mi ha risposto che conosce questo reperto e condivide la mia lettura ed in particolare sostiene che nel prossimo anno tutti dovrebbere ubbidire a quanto suggerito dai nomi delle proprie costellazioni e ha scritto questi brevi oroscopi.

ARIETE: muoviti con decisione, soprattutto in casa e fingendo di urtarli rompi pure tutti gli oggetti dei quali da tanti anni vorresti liberarti ma qualche familiare te lo ha sempre impedito;

TORO: Sei fortunato perché in giro non si vede più nessuna bandiera o muleta rossa; ma attento anche ai drappi neri dietro i quali si nascondono spade molto pericolose;

GEMELLI:  se hai un fratello o una sorella che ti assomiglia e ha un patrimonio migliore del tuo  proponigli di unire le vostre ricchezze, se hai un fratello o una sorella che ti fa questa proposta rifiuta l’offerta;

CANCRO: sei un granchio e sarai molto a tuo agio in questa città che cammina all’indietro come te;

LEONE: se sei uomo sappi che comandano le leonesse e non le innervosire, se sei donna impara a ruggire;

VERGINE: se non sei monaco o monaca cerca di cambiare segno (se già non lo hai fatto);

BILANCIA: qualche volta sarà necessario che tu usi pesi truccati nei rapporti con le persone. Spesso gli altri lo fanno con te. Attento/a a non sbilanciarti troppo nei giudizi e nelle relazioni;

SCORPIONE: riserva il tuo veleno alle persone che lo meritano e attento/a alle scope.

SAGITTARIO: cerca  di scagliare frecce senza punta, ma frecciate appuntite quando ce ne sarà bisogno.

CAPRICORNO: attento/a a comprare le scarpe giuste o a comprare nuovi pneumatici, ti sarà più facile suonare il flauto o il clacson camminando sui sentieri pieni di buche (soprattutto quelli dei villaggi della tua città);

ACQUARIO: non dimenticare di chiudere i rubinetti quando esci di casa  e per migliorarti concediti un viaggio a Genova o a Valencia, ma attento/a ai pescecani;

PESCI: cerca di parlare poco e muoviti sottacqua perché l’anno sarà pieno  di ami tentatori.




Le stanze della Vita

di Lucia Palmieri

La vita vera
La vita vera in quale stanza abita?
Nei sogni di bambina?
Nel letto sfatto della prima volta?
Nella lacrima silenziosa
sulla guancia di tua figlia
che vede il suo mondo disgregarsi?
Nell’addio senza voltarsi indietro?
La vita vera è quello che sei stata
dimenticando
cosa avresti voluto
o forse non avendolo mai del tutto
percepito,
perduto nelle lotte
tra l’istinto e la ragione,
nella camera buia di un vecchio
puzzolente
molestatore
o nel rincorrere una farfalla lilla
in un prato
che non c’è più.
La vita vera è
il bene e il male,
il vento, la tempesta, l’arcobaleno,
il sole di un nuovo giorno,
il ritmo orgasmico d
elle onde del mare.

La vita vera è il momento,
e nel momento
quello che sei
lo puoi scrivere ancora
sebbene restino,
ingiallite,
poche pagine.




Natalino

Mi è sempre piaciuto il Natale forse per il bisogno di ricaricarmi per affrontare dopo una settimana quello che per me è sempre stato il giorno più difficile: l’1 Gennaio, il primo dell’anno che nella realtà non lo è per noi occidentali perché  qui  l’anno  nuovo inizia il primo settembre. A Capodanno i nostri propositi e progetti di cambiamento settembrini si sono già rivelati azzardati e presuntuosi;  siamo troppo infreddoliti nell’animo e nel corpo per pensare veramente a nuovi noi stessi ed è più facile, passato il brindisi di mezzanotte, essere tentati da un bilancio nel quale fanno da  padroni i tristi avvenimenti  di questo mondo, le perdite degli affetti, le delusioni, le piccole e grandi paure ed incertezze.

Ma torniamo a Natale, a questo momento di sospensione della realtà in cui, a meno di situazioni di sofferenze non eludibili,  lo scorrere del tempo sembra non riguardarci; passato e presente si amalgamano nella dolcezza degli struffoli, nelle cantilene dei numeri chiamati nella tombola; anche se il suono delle ciaramelle diventa sempre più debole e coperto dal frastuono dei clacson e dal rumore dei registratori di cassa, mi fa piacere questo dominio del ROSSO, colore pressocché  sparito dalla pratica politica e sociale (naturalmente faccio finta di non sapere che il merito è della coca cola).

Però… però c’è sempre qualche stridore metallico, auguri whatsappiani e facebookiani che ti arrivano da amici dell’etere che se li incontri per strada non saluti nemmeno perché non li riconosci, messaggi impersonali inviati a 100 e più persone semplicemente premendo il tasto invio come se l’animo umano avesse ormai sede nella punta del dito indice.

Ho inviato ad un mio amico di cui non faccio il nome una mail con un piccolo mio disegno come augurio di Natale e dopo qualche ora il cicalio di notifica del mio cellulare mi ha fatto scoprire che un’altra persona, che appena conosco ma di cui ho il numero di telefono, mi aveva inviato come augurio questo mio stesso disegno! Si riciclano non solo  i regali di Natale, ma anche i messaggi di buone feste!

Questo episodio mi ha fatto ricordare il divertente racconto di Gigino Gravagnuolo che parlava di quando era ragazzo ed a casa sua era arrivato un agnellino come dono di qualcuno. Fermamente decisi a non ammazzarlo lui e suoi fratelli avevano costretto i genitori a regararlo a qualcun altro…solo che dopo due giorni bussarono alla porta ed un commesso consegnò di nuovo la stessa bestiola con lo stesso nastro e nello stesso cesto questa volta però a nome di una terza persona. Chissà quante case cavesi aveva visitato l’animaletto!

Comunque buon Natale a chi ha letto questo post.

P.S. Come antidoto agli eccessi natalizi ho letto in questi giorni questo divertente libro di John Grisham

Come al solito se volete dare un’occhiata prima di comprarlo potete farlo qui.

https://nuvola.porticando.eu/s/E5Qext3P7mcgKAS




Napoli Milionaria

Ieri sera ho visto il film Napoli Milionaria su RAI1, una trasmissione scorrevole e non noiosa, ma terminata la proiezione ho sentito il bisogno di rividere la ripresa televisiva della commedia originale da ieri disponibile su rai play insieme con tutto il teatro di Eduardo.
E mentre sullo schermo scorrevano le immagini dell’opera teatrale ho capito perché avevo sentito la necessità di rividerla.

Sensa nulla togliere alla pur meritevole traduzione cinematografica vi dico quel che penso.

Vanessa Scalera e Massimiliano Gallo sono due ottimi attori, ma qui come nella serie di Imma Tataranni tendono o sono invitati dai registi ad esasperare le caratteristiche dei personaggi che interpetrano: troppe lacrime per Amalia, troppo remissivo Gennaro; Amalia che fa i dispetti a Vicenzina,  Gennaro che smette di fare il morto quando si parla del formaggio o pronuncia gli ora pro nobis sul finto letto di morte appena il brigadiere (con il fucile a tracolla) gira la testa quasi a penderlo in giro sono elementi macchiettistici che cercano in qualche modo di dare sprazzi di commedia al film che invece per il resto ne è privo.

Anche commedia   è invece a pieno l’opera originale nella quale i momenti leggeri ed esilaranti sono frutto della ricchezza dei dialoghi (per esempio il colloquio con il compare ladro del figlio) o di personaggi come Assunta, praticamente assente ieri sera.
Purtroppo la moltiplicazione degli ambienti nei quali  si sviluppa il film e l’inserimento di scene del tutto assenti nell’originale hanno gioco forza portato alla cancellazione o al ridimensionamento, se non all’incomprensione di dialoghi fondamentali nell’equilibrio della storia.
Una cosa è un film, un’altra e il teatro dove l’unità di tempo, di luogo e di azione codificata da Aristotele è rispetttata da Eduardo (stesso  ambiente,il basso; ogni atto si esaurisce nell’arco di una giornata ) lungi da essere dei limiti sono i parametri guida per la genialità di De Filippo.

Ed infine mi pare che il film sia troppo atemporale (non c’è una sola volta nei dialoghi la parola fascista), poca coralità (per esempio, eliminazione del dialogo fra Maria Rosaria e le sue amiche sostituito dalle scene di una festa di ballo). Scene francamente superflue come quelle della ricerca della pennicillina da parte di Amalia tendenti a sottolineare la drammacità del momento che invece nel teatro viene resa più efficaciamente dalla lunga assenza  di Regina Bianchi sulla scena.

Comunque il film è più che decoroso ed ha il grande merito di sottolineare la forte attualità di Eduardo in questi tempi in cui la quantità  dei fogli di mille lire è sempre di più la pseudo-misura della qualità della vita.
Bellissima ed emozionante la canzone di Pino Daniele sui titoli di coda.
Insomma, se non lo avete ancora visto fatelo….ma poi….anche Eduardo.




Santa Lucia…. e luce fu!

Non ce ne accorgeremo facilmente , ma qualcosa oggi cambia nel cielo: Il tramonto, l’ora che volge il disio ai navicanti entenerisce il core, inizia a spostarsi in avanti.

Brutta notizia per chi ama la notte, buone nuove per chi è amico del sole.

Per qualcuno la felicità arriva su un treno di notte

per altri è il sole a conciliarli con il mondo

Se Notte e Giorno si presentassero alle elezioni non saprei per chi votare…non so voi. Comunque, per essere imparziale, questo post l’ho scritto all’alba.

Ecco comunque una poesia per ognuno dei due partiti:




Astro del Ciel

Natale è già nell’aria, nella rossa e zuccherata merce dei negozi alimentari, nelle vetrine calamitate dei negozi di vestiti o di regali di qualsiasi genere, nei panettoni che più costano più sono buoni, nel suono delle sempre più rare ciaramelle ma anche nella nostra mente e nel nostro animo perché, se  i mercanti hanno urgenza di realizzare i guadagni sperati, anche  quanti di noi hanno attraversato un periodo difficile dovuto a guerre, a cinismo e brutalità diffusi, a perdite incolmabili di affetti, a delusioni, a stanchezza, ad indifferenza, a confusione  hanno premura di trascorrere qualche giorno più pacato indipendentemente dal volerlo passare nel proprio silenzio o in compagnia di altri.

Come si sa i giorni che adesso dedichiamo al Natale,  prima del cristianesimo, e forse ancora ora in qualche parte del mondo, erano dedicati  al periodo  in cui  Notte, stanca della sua corsa, comincia a cedere le sue ore a Giorno, anche se in maniera disordinata: prima arretrando di qualche minuto ogni sera a partire dal dì di Santa Lucia, ma continuando fino  al 22 dicembre ad aumentare la sua durata complessiva, e  poi arrendendosi definitivamente  intorno alla epifania ritraendosi  da quel momento sempre di più anche di mattina. Non so se mi sarebbe piaciuta più quel tipo di festa o l’atmosfera natalizia moderna; se pure appesantito dalla a volte insopportabile frenesia della spesa e del consumo, oggi Il Natale ci rende, nelle situazioni e nelle comunità dove non sono di casa tragedie e drammi corali o individuali, piu indulgenti verso noi stessi e perciò anche verso gli altri; almeno per i 7 giorni dal 25 al 1 Gennaio.

Lascio decidere a  Pavel Kuzko che scrisse:

“Il tempo è nato insieme allo spazio e con lui, se mai, finirà. In questo spaziotempo, dalla immensità enermemente più grande di ogni nostra comprensione,  la luce ed  il calore di infinite, smisurate stelle hanno permesso che nascesse qui e là  la vita.  Per la frazione di qualche infinitesimo decennio qualcuno, certo non tutti,  ha  avuto in dono la possibilità di accendere la sua piccola stella filante. Poca cosa questo breve scintillio di fronte allo splendore degli astri che quasi mai  si stancano di accompagnarci.

Perciò  l’unico modo per dargli senso e rilevanza è quello di farla brillare insieme a quelle degli altri. Forse così faremo un po’ di chiarore dentro di noi nei momenti  in cui non  basterà ad orientarci  la luce di fratello Sole  e sorella Luna; e forse potremo dare una piccola speranza di luce a quanti non hanno il fiammifero per dar vita  alla propria”

Poi, naturalmente, se invece di perderti nelle metafore di Pavel Kuzko vuoi conoscere una diversa interpetrazione di Babbo Natale potrai sempre trascorrere le serate natalizie leggendo le lucide ed incalzanti pagine di questo saggio di Claude Levi-Strauss

che puoi regalarti per Natale; (se vuoi dare prima un’occhiata, per pochi giorni ecco il link: https://www.porticando.it/Babbo-Natale-Giustiziato.pdf ) Ti farai un grande dono e forse ti aiuterà a scegliere qualche regalo di Natale per i tuoi cari le tue amiche e i tuoi amici.




Elfi

A Mariano, il mio amico che è andato via rendendo il mio mondo più povero e più silenzioso, confidavo tutte le mie idee; non diceva mai no, ma dalla luce dei suoi occhi capivo se la cosa lo convincesse o meno. Con Elfi fu subito d’accordo; in effetti anche lui era un elfo e arricchì la proposta con i suoi fulminei guizzi. Elfi fu un gruppo di scrittura creativa a tema. Eravamo in quindici ad incontrarci ogni 30 giorni per leggere le pagine (rigorosamente A4) scritte da noi su un tema scelto il mese prima ed il gioco consisteva nel dover accoppiare i racconti con gli autori ed anche in questo Mariano era bravo. Credo che per tutti fu una piacevole e stimolante iniziativa.

Il primo tema, prendendo spunto da un racconto di Čechov, lo volle scegliere proprio lui e fu Lo specchio” ed io scrissi quel che segue:

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A casa di mia nonna, in una delle tante stanze del primo piano, c’era un armadio a doppia anta, ognuna con un grande specchio.
Lontano dalla vecchia cucina, dove le numerose donne della mia famiglia usavano trascorrere il tempo chiacchierando e cucinando, il mio passatempo preferito consisteva nel posizionarmi fra i due pannelli e osservare il gioco del mio viso, del mio corpo, dei miei occhi, che rimbalzavano incessantemente più o meno numerosi all’avvicinarsi e all’allontanarsi delle superfici riflettenti.

Entrare in questi mondi paralleli fatti di luce e di fantasia era un viaggio sempre meraviglioso. Mi intrigavano questi ubbidienti me stessi disposti a ripetere velocemente le mie smorfie e i miei movimenti per poi sparire e ritornare nel loro universo misterioso appena io decidevo in tal senso, chiudendo le ante.
Avrò avuto forse undici anni ed era l’ultimo giorno d’estate. Valigie già pronte, tutti in procinto di lasciare Pertosa per ritornare un po’ malinconicamente a Cava. Di lì a pochi minuti sarebbero comparsi i due muli di mio zio sui quali i miei avrebbero caricato i bagagli e ci saremmo avviati a piedi lungo la discesa e la successiva faticosa e mesta salita verso la stazione situata in alto lungo i pendii degli Alburni.
Come facevo sempre prima lasciare il paese volli correre a salutare i miei compagni di gioco.
Entrato nella camera presi a manovrare gli specchi ma dopo aver guidato per qualche minuto con le mani appoggiate sulle maniglie, chiamato dalla voce perentoria di mia madre, mi apprestavo a bloccare i battenti con un ultimo movimento a fisarmonica, ma questa volta i miei numerosi gemelli non mi assecondarono e prima di essere risucchiati dalla chiusura dell’armadio, invece di ripetere i miei gesti, fecero malinconicamente ciao con le mani.
Una, due, tre volte! L’apparizione sulla porta di mia sorella Rosa, inviata dai miei genitori a scoprire dove mi ero cacciato, mi costrinse ad allontanarmi.
A natale, ritornato a Pertosa, dopo aver fatto di corsa tutto il percorso dalla ferrovia al paese, mi precipitai nel mio magico rifugio, ma grande fu la mia delusione nello scoprire che uno degli specchi si era rotto ed era stato sostituito da un pannello di legno.
La giostra dei mondi era scomparsa per sempre, portandosi via la mia fanciullezza.
Ancora oggi mi chiedo come le mie immagini riflesse avessero potuto in quel momento sapere che si trattava di un addio definitivo.




Fuggire

Di questi tempi la fuga è l’unico mezzo per continuare a sognare.
(Jim Morrison)

Erano forse diecimila le notti che aveva passato sulla barca, aggredito dal buio umido del mare a malapena contrastato dalla lampada posta a prua del suo peschereccio.

Troppe! All’alba, Stavros, tornato a reti vuote nel porticciolo del suo villaggio Άγιος Νικόλαος nella provincia di βολος, raccolse poche cose in una bisaccia, comprò del pane e caricatosi un remo sulle spalle cominciò a camminare verso l’interno. Percorse sentieri e strade di pianura e di montagna fermandosi solo per rifocillarsi, per riposarsi o per dormire sotto le stelle; nei primi giorni del suo viaggio nessuno badò al remo che portava in spalla; poi, mentre procedeva sempre di più verso l’interno, la gente iniziò a domandargli a che cosa gli servisse quel remo così lontano dal mare…ma Stavros si limitiva a rispondere con un sorriso e senza fermarsi continuava d andare avanti.

Un giorno capito in un piccolo villaggio di montagna vicino al confine con la Macedonia e quando da un uomo ed una giovane donna si senti dire: ”A che cosa serve quezzo pezzo di legno con questa strana forma?” piantò il remo in terrà e rispose: ”E’ il primo pezzo della mia nuova casa!”.

Sempre più spesso penso di trascorrere quel che resta della mia vità in un luogo dove se dicessi che vengo dall’Italia le persone mi chiederebbe: “Ma dove si trova questo paese che tu chiami Italia? Esiste veramente?”