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Stanotte arriva la Befana. Se qualcuno domani  ti chiederà cosa ti ha portato la vecchietta con le scarpe rotte non rispondere con la  metonimia o il disfemismo napoletani (non so bene di quale figura retorica si tratta) della parola “niente“. Rischi come risposta la salace battuta che imparai dal vecchio dottore Luca Alfieri qui a destra nella foto e che potete vedere meglio su porticando.it.

Epifania tutte le feste porta via ed inoltre sembra che riempa le calze sempre di più con scadente carbone non adatto nemmeno per il riscaldamento; mestamente studenti e professori tornano nelle scuole; le decisioni e le incombenze che avevamo rimandatte all’anno nuovo ci attendono impazienti; si riprendono le solite abitudini e soprattutto rientrano prepotentemente nelle nostre case, nelle nostre menti e nei nostri cuori le insopportabili e sempre più numerose notizie e immagini di morte, di fame, di crudeltà e di disumanità.

Da molto tempo non ho più la presuntuosa idea di poter cambiare qualcosa se non me stesso: il mio emisfero sinistro (o quello destro?) mi dice che nemmeno questo anno potrò acquistare all’angolo di una strada un ombrello capace di proteggermi dalle piogge acide  che ci attendono.

Ma c’è ancora un po’ di cera ed è ancora accesa, anche se tremolante, la speranza  di poter incontrare, come Leopardi,  un onesto venditore di almanacchi se ancora ce ne sono.

Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere

Venditore: Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?
Passeggere: Almanacchi per l’anno nuovo?
Venditore: Sì signore.
Passeggere: Credete che sarà felice quest’anno nuovo?
Venditore: Oh illustrissimo sì, certo.

Passeggere: Come quest’anno passato?
Venditore: Più più assai.
Passeggere: Come quello di là?
Venditore: Più più, illustrissimo.
Passeggere: Ma come qual altro? Non vi piacerebb’egli che l’anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?
Venditore: Signor no, non mi piacerebbe.
Passeggere: Quanti anni nuovi sono passati da che voi vendete almanacchi?
Venditore: Saranno vent’anni, illustrissimo.
Passeggere: A quale di cotesti vent’anni vorreste che somigliasse l’anno venturo?
Venditore: Io? non saprei.
Passeggere: Non vi ricordate di nessun anno in particolare, che vi paresse felice?
Venditore: No in verità, illustrissimo.
Passeggere: E pure la vita è una cosa bella. Non è vero?
Venditore: Cotesto si sa.
Passeggere: Non tornereste voi a vivere cotesti vent’anni, e anche tutto il tempo passato, cominciando da che nasceste?
Venditore: Eh, caro signore, piacesse a Dio che si potesse.
Passeggere: Ma se aveste a rifare la vita che avete fatta né più né meno, con tutti i piaceri e i dispiaceri che avete passati?
Venditore: Cotesto non vorrei.
Passeggere: Oh che altra vita vorreste rifare? la vita ch’ho fatta io, o quella del principe, o di chi altro? O non credete che io, e che il principe, e che chiunque altro, risponderebbe come voi per l’appunto; e che avendo a rifare la stessa vita che avesse fatta, nessuno vorrebbe tornare indietro?
Venditore: Lo credo cotesto.
Passeggere: Né anche voi tornereste indietro con questo patto, non potendo in altro modo?
Venditore
: Signor no davvero, non tornerei.
Passeggere: Oh che vita vorreste voi dunque?
Venditore: Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz’altri patti.
Passeggere: Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell’anno nuovo?
Venditore: Appunto.
Passeggere
: Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest’anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d’opinione che sia stato più o di più peso il male che gli è toccato, che il bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?
Venditore: Speriamo.
Passeggere: Dunque mostratemi l’almanacco più bello che avete.
Venditore: Ecco, illustrissimo. Cotesto vale trenta soldi.
Passeggere: Ecco trenta soldi.
Venditore: Grazie, illustrissimo: a rivederla. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi.

4 thoughts on “Almanacchi

  1. Non ho ricordi e mi mancherebbe la voce. Difronte a dichiarazioni così forti preferirei un venerabile silenzio. Essere filosofi è peggio che essere ignoranti poiché la solitudine è inevitabile.

  2. Ma ce la devi ricordare, Carlo, la battuta del carissimo dottor Luca Alfieri!
    Ne diceva tante, sempre garbate e acute, sempre divertenti e ironiche, il nostro mitico dottor Luca!
    Grande Giacomo Leopardi!

  3. Il filosofo Aldo Masullo, lo ricorderà bene Paolo Gravagnuolo, in un incontro co gli allievi del IV liceo scientifico di Cava, chiese ai ragazzi cosa potessero avere in comune un anziano novantunenne (Masullo) e un folto pubblico di diciassettenni. Poi rivelò: l’interesse per il tempo che verrà, che per un vecchio filosofo é curiosità intellettuale, per giovani che si affacciano alla vita é necessità di comprendere il proprio futuro e orientarsi

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