Ho ascoltato il Papa da Fazio. Sono abbastanza indifferente al diritto di autore e non ho remore a leggere libri digitali gratuitamente, ma “Fratellino” il libro di cui ha parlato Francesco, lo ho comprato ed ho iniziato a leggerlo. Un piccolissimo lenimento per la mia mente contro la sensazione di impotenza che provo di fronte alle immani tragedie di questo mondo.

Questo avevo scritto ieri notte.
Stamattina lo ho letto tutto: le traversie di Ibrahima un ragazzo guineano che parte alla ricerca del suo fratellino, attraversa deserti di sabbia e desolati ed aridi sentieri mentali, fino ad imbarcarsi su un gommone per la Spagna dopo anni segnati dalle torture, dalla fame, dallo sfruttamento, dalla disumanità dei trafficanti di anime e dalla solidarietà dei disperati suoi simili.
Potremmo parlare anche di un drammatico percorso di formazione. Ibrahima partito con una sorta di forzato ottimismo giovanile alla ricerca di Alhassane diventerà uomo attraversando il vuoto del Malì, l’inferno della Libia, la dura e clandestina vita di straniero nelle terre dell’Algeria e del Marocco pagati dall’Europa per reprimere e dove, come spesso accade, a salvarlo dalla brutalità dello stato,dai commercianti di anime e dagli approfittatori della misera, è l’incontro con i suoi simili.
Ma il libro non è solo questo; due ore di pagine nelle quali fra fili spinati, repressioni poliziesche, minacce di morte traspare la profonda umanità e direi saggezza degli ultimi.
Riporto qui alcune frase dettate da Ibrahima, analfabeta, a chi ha messo su carta il suo racconto.

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Tu sei in un angolo, seduto per terra, o sdraiato. Il terreno è di sabbia e una volta al giorno passano con una pentola. Tu devi allungare il braccio e aprire bene la mano, così, perché ti buttano il cibo come ai cani. Ma a volte il cibo è bollente e ti brucia la carne della mano. Allora lo lasci cadere per terra e resti senza mangiare. Domani passeranno di nuovo, alla stessa ora, allo stesso modo.”
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“Per lavorare nel commercio è molto importante avere un cuore piccolo. Questo non è un difetto, è una virtù, ma non tutti possono farlo. Forse poco a poco si impara, non lo so, io non ci ho mai provato.”
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Abbiamo passato tutta la notte alla deriva, in mezzo al mare. La gente ha iniziato a piangere, soprattutto le donne, ma non solo loro, anche il capitano. Era senegalese. Io non so chi l’ha nominato capo della spedizione. Aveva detto che conosceva il mare, ma un capitano ha bisogno di più forza nel cuore, deve dimostrare che è il più coraggioso, invece quello piangeva come un bambino. Così è difficile arrivare in Europa. Io ho cercato di legare le ali al mio spirito, di non pensare più, ma non era facile. Vedevo il viso di mia madre davanti ai miei occhi. E pensavo: “Alhassane sarà partito in una notte come questa”. Il mare è molto vasto, come la notte. Ma la notte, se aspetti un po’, ti lascia su una riva, e allora è giorno, viene la luce. Si vede di nuovo tutta la vastità del mare, e pensi, impossible.”

3 thoughts on “Fratellino

  1. I pensieri dettati da questo giovane uomo sono profondi e ricchissimi di significato e di maturità e consapevolezza di sé.
    Questo conferma una teoria con la quale sono d’accordo da molti anni: chi è stato sempre felice vive magnificamente, ma non acquista mai quella profondità di pensiero che solo il dolore vero ti fa maturare.
    Aver sofferto ti rende più sensibile e più consapevole di te stesso, oltre che più empatico con il dolore degli altri.

  2. anche per leggere libri come questi occorrono forza e coraggio. Ed allora è più facile … se uno il coraggio non ce l’ha? Allora se lo deve dare!

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